La crisi del Porto canale di Cagliari.
La diminuzione del traffico del porto canale di Cagliari rischia di segnare per molto tempo a venire la fine di ogni velleità industriale della Sardegna nell’epoca feroce della concorrenza globale. Così almeno sembra di intuire senza tema di smentite dalle ultime notizie di stampa che riferiscono di una costante decrescita con una situazione da allarme rosso che per alcuni resta confinata nei limiti di una flessione circoscritta e non, come paventato da tanti altri, un declino vero e proprio.
Al netto delle opinioni soggettive a uso di politica e addetti ai lavori, è un fatto incontrovertibile che alcuni tra gli operatori dello scalo del capoluogo hanno fatto le valigie per migrare verso altri lidi come la Hapag Lloyd, il gigante tedesco del settore che ha annunciato nelle scorse settimane la riduzione dei servizi da sei a tre.
Quali che siano le responsabilità dei singoli e delle istituzioni coinvolte, occorre intervenire in tempo per risolvere la situazione, contrassegnata da numeri tutti in negativo e dalla diaspora tuttora in corso degli operatori, scoraggiati da una realtà che fatica a recepire le istanze di un mondo tecnologico che pretende servizi in linea con le sempre nuove esigenze del commercio mondiale via mare. Un commercio spietato che vede i principali operatori unire le forze e costituirsi in alleanze con una collaborazione che nasce dall’esigenza di condividere i rischi,i costi e gli investimenti connessi alla creazione e al mantenimento di un network di collegamenti di linea in grado di soddisfare le esigenze delle moderne “supply chain”.
Eppure i traffici marittimi di container da e per i porti del Mediterraneo occidentale crescono a velocità superiore rispetto ai concorrenti del Nord Europa.Per restare competitivi bisognerà attrezzarsi per gestire i cosidetti mega-vessel,navi fino a 20mila teu ed il primo investimento dovrebbe essere la sostituzione delle grù operative con altre idonee tali da poter manovrare su dette navi.