Anni di proteste accorate, richieste pressanti e appelli a squarciagola nell’attesa di una risposta vera alla serie impressionante di intoppi e freni vari che assediano l’universo marittimo italiano e ne impediscono il vero dispiegarsi di tutte le sue enormi potenzialità. Un settore di eccellenza, quello del mare, che chiede soltanto di veder liberare alle rotte del commercio globale le energie represse e le tante potenzialità sopite di un settore così importante del Made in Italy come l’economia del mare.
Come richiamato più volte su queste pagine, per individuare appieno le priorità del settore e tracciare le linee strategiche delle politiche del mare il governo ha provveduto alla costituzione del Comitato interministeriale per le politiche del mare CIPOM e quindi messo mano a una serie di provvedimenti culminati con l’approvazione del Piano del Mare, cui ha fatto seguito in questi giorni (per l’esattezza il 30 di maggio) la prima relazione sullo stato di attuazione del Piano stesso. La Relazione, redatta ai sensi dell’articolo 12 comma 10 del Decreto legge numero 173 del 2022, convertito con modifiche dalla Legge 204, è un provvedimento imperniato sui dati acquisiti a livello centrale dalle varie amministrazioni competenti che hanno lavorato per dare una risposta concreta alle 16 direttrici contenute nel Piano del mare.
«L’approvazione della relazione che il CIPOM trasmetterà al Parlamento» ha dichiarato il ministro Musumeci «costituisce una ennesima prova dell’importanza che il governo attribuisce al mare come risorsa da preservare e utilizzare in maniera sostenibile».
Non è un mistero per nessuno infatti che l’economia del mare rappresenti una concreta e incalcolabile prospettiva di crescita per il sistema Italia e per i tanti, tantissimi giovani che si vogliono avvicinare alle professionalità di un settore strategico per i traffici che è capace di generare, ma anche per le risorse naturali trasportate, le comunicazioni, la biodiversità nonché la funzione di regolazione climatica preservata del nostro pianeta.
Tutti fattori, questi, che rientrano a pieno titolo nella macro area “economia del mare” e costituiscono una delle sedici direttrici del Piano alla voce “Dimensione subacquea e risorse geologiche dei fondali”a cui il CIPOM sta lavorando in questi giorni per l’adozione di una legge quadro che farebbe dell’Italia uno dei primi paesi in Europa ad avere una disciplina normativa sullo spazio subacqueo la cui dimensione, non va dimenticato, sarà il prossimo terreno di confronto tra le potenze internazionali.
Già dalle prime pagine delle 233 complessive di cui si compone il Piano viene evidenziata la rilevanza strategica della blue economy, ma non tutti gli obiettivi elencati potranno essere realizzati nel breve periodo. Tuttavia sarà prerogativa del CIPOM dettare i tempi per la realizzazione dei vari capisaldi sui quali si fonda il provvedimento e a tale proposito appare interessante analizzare uno degli obiettivi prioritari fissati dal governo che è quello della riforma dei porti: un obiettivo, questo, che pur ricadendo tra le competenze del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti vedrà impegnato il CIPOM nel coordinamento del lavoro di esame delle relazioni pervenute dai portatori d’interesse della società civile a seguito delle audizioni relative alla direttrice sui porti e logistica. L’importanza di nuove infrastrutture che consentano ai porti italiani di crescere è stata anche evidenziata durante l’assemblea tenuta da Assagenti alla Borsa di Genova lo scorso 25 giugno richiamata con il titolo quanto mai attuale di “Mari inquieti”, quelli su cui oggi si muove il traffico mondiale.
Un panorama turbolento, quello marittimo globale, in cui il Piano si inserisce con la sua portata epocale, ponendosi come il cardine cruciale di un’economia del mare che deve tornare a essere il baricentro delle politiche di sviluppo nazionali, a maggior ragione in un momento storico che vede il Mediterraneo tornare ai suoi fasti di “centro del mondo”.