La storia della giurisdizione marittima e portuale di Amalfi, è l’ultima fatica editoriale dell’avvocato marittimista Alfonso Mignone. Un saggio agile e documentato, che ci accompagna in un viaggio affascinante attraverso oltre mille anni di storia portuale e giuridica della celebre repubblica marinara.
Il libro-edito dalla Passerino Editore- è stato presentato in occasione del 70° Palio Remiero delle Antiche Repubbliche Marinare. L’evento che ogni anno celebra la memoria storica e marinara di quattro gloriose città- Amalfi, Genova, Pisa e Venezia- si è tenuto proprio ad Amalfi il 18 maggio 2025. La scelta non è casuale: l’opera di Mignone è profondamente legata alla tradizione e al prestigio di Amalfi, non solo come potenza commerciale medievale, ma anche come luogo di elaborazione giuridica originale e duratura.
La ricostruzione parte dall’alto Medioevo, periodo in cui Amalfi afferma la propria autonomia marittima, fino ad arrivare ai giorni nostri, passando attraverso le diverse epoche storiche: il Ducato, i regni di Sicilia e di Napoli, il periodo borbonico, quello napoleonico e infine l’Italia unita e repubblicana. Un percorso lungo e articolato, che l’autore ripercorre con attenzione alle fonti storiche e al contesto politico-giuridico di ciascun periodo.
Uno degli aspetti più affascinanti del libro è l’attenzione con cui viene descritta la trasformazione delle istituzioni che regolavano la vita del porto. Quando si parla di “porto” oggi si pensa a una grande infrastruttura con banchine, gru, dogane e autorità portuali. Ma per secoli, ad Amalfi, il “porto” fu più che altro una rada, un approdo naturale, senza strutture stabili, dove le navi attraccavano con l’aiuto delle barche locali. Eppure anche in assenza di grandi opere, esisteva un complesso sistema di regole, magistrature e consuetudini che disciplinava ogni aspetto del traffico marittimo.
Nel periodo ducale, ad esempio, le attività marittime erano regolate da una magistratura unica chiamata Curia Maris, che riuniva in sé poteri giudiziari, fiscali e amministrativi. Con l’arrivo delle dominazioni successive, queste funzioni furono suddivise tra figure specializzate: i Protonotari del mare, veri e propri giudici marittimi, e i Portulanoti, funzionari preposti al controllo e alla gestione delle attività portuali.
Col tempo, ogni epoca ha lasciato un segno nella struttura giuridica del porto: dai Consoli del Mare alle autorità borboniche, fino ai Capitani di porto istituiti in epoca moderna. L’autore mostra come lo Stato abbia sempre rivendicato un ruolo centrale nella gestione dei porti, esercitando sovranità su tutto ciò che accadeva nello specchio d’acqua antistante la costa: dall’ingresso delle navi al pagamento dei dazi, dalla sicurezza alla risoluzione delle controversie tra mercanti.
Mignone ci guida con mano esperta in questa evoluzione, spiegando in modo semplice ma preciso concetti a volte complessi. Il suo stile è accessibile, e il tono mai eccessivamente tecnico, rendendo il testo fruibile anche per i non addetti ai lavori. Molto interessante è anche la riflessione sul significato giuridico e simbolico del porto: non solo luogo di traffici e scambi, ma spazio in cui si incontrano le giurisdizioni, le regole e le culture. Chi entrava in porto, sia esso un mercante straniero o un marinaio locale, era sottoposto alla legge del luogo, e questa legge era fatta valere da funzionari e magistrati ben precisi.
La prefazione del professor Giuseppe Gargano, storico di riferimento per la Repubblica amalfitana, impreziosisce il volume con un inquadramento puntuale e autorevole. Gargano ricorda l’importanza della Tabula de Amalpha, uno dei più antichi codici marittimi del Mediterraneo, che testimonia la capacità giuridica e l’organizzazione civile della città nei secoli d’oro della sua potenza.
Il libro non si limita a descrivere il passato, ma arriva fino all’età contemporanea, illustrando come la gestione dei porti sia cambiata dopo l’unità d’Italia, con l’introduzione delle autorità giudiziarie civili e penali, e con la recente distinzione tra porti statali e regionali. Un passaggio che ha segnato la fine delle magistrature specializzate in diritto marittimo, lasciando in parte scoperta una tradizione giuridica che per secoli aveva dato struttura e sicurezza alla vita portuale.
In definitiva, Storia della giurisdizione marittima e portuale di Amalfi è un saggio prezioso, che unisce rigore storico, chiarezza espositiva e passione per il mare. Un testo che arricchisce la memoria collettiva di Amalfi e rappresenta un utile strumento per chiunque voglia comprendere come il diritto e la storia si intreccino nella vita dei porti, crocevia di civiltà, commerci e giustizia.
Libri come questo non sono semplici raccolte di dati o documenti, ma vere e proprie testimonianze di civiltà marittima, specchi fedeli di un’identità profonda che ha unito generazioni di uomini e territori al destino del mare. Raccontano storie di porti, navigazioni, ordinamenti e vite vissute sulle banchine, che costituiscono le fondamenta della nostra vocazione marittima.
Per questo, opere simili dovrebbero essere lette, studiate e divulgate nelle scuole, nelle accademie e in tutte le istituzioni legate al mare, per colmare un vuoto culturale che negli anni ha finito per allontanare l’Italia dal suo naturale respiro marino.
Riscoprire e valorizzare la nostra tradizione marittima non è solo un dovere storico, ma anche una straordinaria opportunità per costruire un futuro più consapevole, aperto e radicato. Il mare non è alle nostre spalle: è nel nostro destino. Sta a noi, oggi, restituirgli il posto che merita nel cuore e nella cultura del Paese.
Nicola Silenti