La mia esperienza di vita da marittimo mi ha portato spesso oltre l’oceano, facendomi conoscere da vicino la società americana, alcune delle sue principali vibranti città, le sue contraddizioni e il suo spirito unico. Tra i miei 18 e 32 anni ho trascorso più anni in America che a casa mia per motivi di lavoro e quindi immerso in una cultura affascinante con valori di intraprendenza e libertà che caratterizzano quel grande Paese, trovando anche un forte legame personale con i miei parenti emigrati li tanti anni prima. Conservo ancora oggi questa affinità speciale e continuo a seguire con interesse le vicende politiche e sociali degli Stati Uniti. È proprio con questa prospettiva che mi avvicino al discorso di Trump, cercando di comprenderne il significato e l’impatto non solo per l’America ma anche per chi, come me, sente un pezzo del proprio cuore legato a quella terra.
La differenza tra il discorso inaugurale di Donald Trump di ieri (2025) e quello del suo primo insediamento nel 2017 è significativa, sia per il contesto in cui i due discorsi sono stati pronunciati sia per i toni e i contenuti specifici. Ecco un confronto:
2017: Il primo discorso di Trump si inseriva in un clima di rottura. La sua elezione era stata vista come una sfida all’establishment politico, con un forte richiamo alla necessità di “drenare la palude” di Washington. Trump puntava su un messaggio nazionalista e protezionista, con lo slogan “America First” come principio guida.
2025: Il discorso arriva dopo anni di turbolenze globali (guerre, crisi economiche e una pandemia) e il ritorno al potere di Trump è percepito come un tentativo di consolidare una visione più strutturata della sua agenda, pur mantenendo una forte carica populista. Il contesto è di maggiore complessità, con una società americana ulteriormente polarizzata e un panorama internazionale instabile.
2017: Il tono era combattivo, diretto e quasi provocatorio. Trump si era presentato come il paladino della “rivoluzione populista”, promettendo di ribaltare lo status quo e di riportare il potere “al popolo”.
2025: Il discorso è stato più “presidenziale” nel tono, pur mantenendo elementi di retorica populista. Trump ha cercato di apparire come un leader esperto e risoluto, che può gestire la complessità delle sfide globali. C’è stata meno enfasi sul conflitto interno e più attenzione alle grandi ambizioni, come la conquista di Marte e il rafforzamento della leadership americana.
2017: Trump aveva criticato duramente le élite politiche e gli accordi commerciali globali. Forte enfasi su politiche economiche per proteggere i lavoratori americani. Promesse di lotta all’immigrazione clandestina e al terrorismo. Riportare la produzione industriale negli Stati Uniti.
2025: L’annuncio di piantare la bandiera americana su Marte ha simboleggiato un ritorno alla grandeur americana, estendendo il “destino manifesto” nello spazio. Maggiore attenzione alle guerre in corso (Ucraina, Medio Oriente) e al ruolo degli Stati Uniti come potenza mediatrice. Politiche più dure sull’immigrazione e sul rafforzamento dei confini.Richiamo a una partnership per il rilancio tecnologico e industriale.
2017: Trump aveva una visione fortemente isolazionista. Gli Stati Uniti erano descritti come una nazione che doveva difendersi dagli abusi degli altri Paesi.
2025: Sebbene l’isolazionismo rimanga un pilastro, c’è stata un’apertura verso una visione strategica più ampia, con l’obiettivo di riaffermare la leadership americana non solo sulla Terra, ma anche nello spazio.
2017: “Make America Great Again” era l’idea guida, con un focus sul riscatto interno e sulla protezione dell’identità americana.
2025: Il messaggio sembra evoluto verso “America è di nuovo grande, ora guardiamo oltre”, con una maggiore enfasi sull’innovazione, sulla competizione globale e sul dominio tecnologico.
In sintesi, il discorso inaugurale del 2025 ha mostrato un Trump più consapevole del ruolo globale degli Stati Uniti, con una retorica più orientata al futuro e meno focalizzata sui conflitti interni. Tuttavia, l’essenza populista e il nazionalismo economico restano centrali.