Undici milioni di euro per salvare la Saremar. La sorte della Compagnia di navigazione e quella dei suoi lavoratori impiegati, e delle loro famiglie, dipende da questa cifra. Infatti, a tanto ammonta l’esposizione debitoria della società, che chiuderà i battenti il 31 dicembre di quest’anno in ossequio alla procedura decisa con il concordato approvato dal Tribunale fallimentare di Cagliari, lo scorso 15 gennaio: i 7 traghetti della flotta continueranno a navigare soltanto sino alla fine dell’anno a garanzia dei collegamenti con le isole minori. Quindi, concluso l’iter approvato dal tribunale, la flotta dovrà essere smantellata e bandita la gara per l’assegnazione dei collegamenti ai privati, che insieme ai traghetti acquisiranno anche la convenzione per il trasporto da e per le isole minori.
La Giunta regionale ha annunciato l’attribuzione di benefit alla compagnia subentrante in caso di riassunzione del personale, ma al momento si tratta soltanto di un annuncio privo di conseguenze effettive dal momento che non sono previsti obblighi di alcun tipo in carico ai futuri acquirenti. Un destino che appare ormai segnato, ma al quale non intendono piegarsi i 167 lavoratori a tempo indeterminato e i numerosi altri dipendenti tra stagionali e precari, impegnati in scioperi e cortei di protesta contro la dismissione dell’azienda e la procedura di licenziamento. Una lotta che vede coinvolte le comunità de La Maddalena e di Carloforte, allarmate dalla prospettiva di un fallimento che metterebbe in ginocchio l’economia di queste due aree con ripercussione sull’intero sistema Sardegna.
La Saremar, infatti, garantisce dal 1988 il diritto alla continuità territoriale con le isole minori grazie al servizio pubblico di linea sui collegamenti tra Palau e La Maddalena e tra Calasetta e Portovesme con Carloforte, assicurando inoltre il collegamento con la Corsica nella tratta Santa Teresa di Gallura – Bonifacio. Un vettore pertanto strategico, che sin dalla sua costituzione ha operato come risorsa cruciale del sistema dei trasporti isolani, garantendo un servizio efficiente senza mai ricorrere allo sperpero delle risorse pubbliche. Divenuta di proprietà della Regione Sardegna nel 2009, con la legge 166, al prezzo simbolico di un euro, il Governo stanziò un contributo di 13 milioni all’anno per 12 anni alla Regione in cambio della privatizzazione della compagnia. Soldi percepiti in minima parte (circa 10 milioni di euro), ma che furono destinati al progetto Flotta Sarda e di cui ora l’Europa reclama la restituzione in quanto indebito ‘aiuto di Stato’.
Tralasciata ogni considerazione sul versante delle responsabilità politiche e sulla questione non secondaria delle tariffe per i residenti, al momento la sorte della Saremar e della sua forza lavoro sembra priva di una via d’uscita diversa da quella annunciata della fine traumatica. Eppure, riesce difficile credere che davvero nessuno, tra operatori privati e amministratori pubblici isolani, ciascuno nel proprio ambito e per le proprie competenze, possa muoversi per garantire una soluzione positiva, dignitosa e indolore della vicenda. Per gli operatori privati sarebbe l’occasione quanto mai propizia di creare una compagnia di navigazione isolana, e per gli amministratori pubblici di dimostrare che esiste, oltre a quella imbattibile del parlare, anche una politica che sa risolvere i problemi.