Crescono i consensi alla proposta di istituire un ministero del Mare, che giunge dai diversi ambiti della blue economy e che negli ultimi mesi ha registrato il sostegno, talvolta inaspettato, di personalità e sigle che contano nel Paese reale, come la Confindustria nautica Ucina, la Confitarma e per ultime le influenti Federpesca, Assonave e Assiterminal.
Una proposta che ormai conta sul pieno sostegno di Confindustria e del suo presidente Vincenzo Boccia che, sulle colonne del quotidiano degli industriali “Il sole 24ore”, ha ufficializzato al prossimo governo la richiesta di «istituire un ministero che possa dare impulso e sviluppo a una delle componenti più brillanti della nostra economia, in grado di produrre ricchezza e creare occupazione per il Paese specie se dotata di una governance appropriata che tenga conto delle sue specificità ed enormi potenzialità».
Eppure, a dispetto della pioggia di consensi e adesioni degli ultimi mesi, questa idea era partita anni fa proprio dalla Sardegna. La proposta di istituire un dicastero marittimo, conferma il responsabile della Delegazione di Cagliari del Collegio capitani di Lungo corso e di Macchina, Nicola Silenti, «sin dai primi anni Duemila è stata espressa in più occasioni dalla sede di Cagliari del Collegio» e sostenuta in più occasioni dal presidente nazionale del Collegio Giovanni Lettich. Una voce, quella della rappresentanza isolana del Collegio, che per anni è stata inascoltata, nonostante una lunga serie di articoli, comunicati ufficiali e interviste, come quella del lontano 2004, in cui si chiedeva al governo di Roma, nero su bianco, il ripristino del ministero del Mare.
“Un organo amministrativo unico – spiega l’ammiraglio Silenti, per 30 anni in servizio alla Capitaneria di Porto di Cagliari – è un pilastro di tutta l’azione dello Stato in un determinato settore: un settore complesso, quello marittimo, che investe i temi dell’economia, dell’impresa, dei trasporti e di una moltitudine di altri campi che non possono essere governati senza una guida centrale, unica. Regole astruse, regolamenti inutili, certificati per ogni occasione, marche da bollo, timbri, esami, tutti freni, lacci, impicci che non servono a niente, anzi servono solo a far perdere tempo a chi lavora. E il nostro comparto di perdite di tempo non può permettersene più”.
Istituire un ministero del Mare, sottolinea il responsabile della Delegazione di Cagliari del Collegio, servirebbe a “mettere a disposizione del comparto un punto di riferimento unico, ma soprattutto una macchina amministrativa composta da persone del settore che conoscano le nostre istanze e le nostre problematiche e pertanto le sappiano interpretare in sede normativa. E’ pacifico infatti che se a scrivere le norme di un settore sono le persone che a vario titolo praticano e quindi conoscono quel mondo, sarà molto più difficile trovarsi dalla mattina alla sera a dover rispettare un obbligo o un’imposizione insensata o, peggio ancora, inutile e controproducente. E posso assicurare che la storia recente è piena di astrusità inconcepibili. Per esempio, i corsi direttivi per comandanti e direttori di macchina: obbligano alla frequenza migliaia di lavoratori già in possesso del titolo professionale, che quindi si vedono costretti ad adeguarsi a questa imposizione al solo fine di poter continuare a esercitare il proprio mestiere. Una follia che sarebbe inammissibile se non intollerabile da parte di qualsiasi altra categoria professionale e che invece costringe alcune tra le più qualificate figure del settore a frequentare dei corsi che sono uno spreco di tempo e di denaro, che si amplifica a maggior ragione per i lavoratori sardi, costretti a far la spola con il continente e dunque a un aggravio dei costi”.
Secondo Silenti, il ministero del Mare “non sarebbe certamente la panacea di tutti i mali del comparto, ma un valido punto di partenza sì. Sarebbe un punto di riferimento concreto nell’individuazione di risposte ai mali del mondo marittimo, e ai tanti nodi irrisolti che spesso sono nati proprio in qualche corridoio ministeriale. Sarebbe un punto di riferimento anche in tema di formazione, istruzione e aggiornamento. Ma soprattutto sarebbe un terminale istituzionale affidato a persone del settore, istruite e documentate sui nodi cruciali del comparto, e quindi preparati all’azione amministrativa e alla ricerca di soluzioni a materie intricate come quella cruciale del lavoro”.
Proprio l’occupazione nel settore marittimo attraversa un delicato momento di crisi, che riguarda ed interessa anche tanti lavoratori sardi: “Tema che non può essere nemmeno sfiorato senza avere un barlume di conoscenza delle problematiche correlate alla legge 30 del 1998, e cioè il provvedimento che ha istituito, di fatto, il registro delle navi adibite alla navigazione internazionale dove vengono iscritte, previa autorizzazione del ministero dei Trasporti, le navi adibite esclusivamente a traffici commerciali internazionali. Una legge che ha accordato a molti armatori la quasi totale defiscalizzazione della forza lavoro impiegata, con un corollario di detrazioni, sgravi e agevolazioni generalizzate che hanno invogliato le aziende ad assumere a un costo irrisorio personale extracomunitario, spesso impreparato o comunque in tanti casi sfruttato, e a tutto discapito della forza lavoro nazionale. Una legge a cui i beneficiari non intendono in alcun modo rinunciare, agitando a ogni piè sospinto, ogni qualvolta si affaccia l’ipotesi di una modifica del provvedimento, la minaccia di un esodo delle compagnie, e dei relativi posti di lavoro, verso regimi fiscali più convenienti, a cominciare dalla vicina Malta”. (fm)
(admaioramedia.it)