Una nazione di mare col sigillo di legge. E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale lo scorso 23 ottobre il Piano nazionale del mare, lo strumento di programmazione di governo e parlamento per l’avvio di una politica marittima unitaria e strategica approvato il 31 luglio 2023 dal Comitato interministeriale per le politiche del mare presieduto dal ministro Nello Musumeci. Uno strumento che, nella sua nota di presentazione, si propone l’obiettivo di garantire uno sviluppo sostenibile e una visione omogenea in tutte le filiere marittime che prendono parte alla crescita economica italiana.
Passibile di revisione entro il prossimo biennio, il Piano nazionale del Mare è stato costruito punto su punto dopo mesi di audizioni, confronti e un dibattito serrato che ha visto il contributo del Comitato interministeriale CIPOM(ministeri delle Infrastrutture, Ambiente, Turismo, Finanze, Agricoltura, Difesa, Esteri, Cultura, Affari europei e regionali) e di un comitato di esperti del settore marittimo e associazioni di categoria, il tutto coordinato dalla Struttura di missione per le politiche del mare presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Tra i ministeri esclusi dalla realizzazione del Piano impossibile non notare quelli del Lavoro e quello dell’Università e della Ricerca, dicasteri al contrario strategici cui fanno capo molti aspetti legati alla formazione e al lavoro marittimo.
Il Piano nazionale del mare si articola lungo 16 direttrici che attraversano uno per uno i cardini del sistema nazionale del mare a partire dal tema della pianificazione dello spazio marittimo e delle rotte commerciali, dei porti, della transizione ecologica dell’industria del mare e dell’energia senza tralasciare capitoli fondamentali come la pesca e l’acquacultura, la cantieristica navale, l’industria armatoriale e la vertenza sul lavoro marittimo. Tra le tematiche in esame anche le aree marine protette,le risorse dei fondali, il turismo e le isole minori con un’attenzione particolare per i temi dello sviluppo e delle politiche di coesione dell’area mediterranea, con ampi rimandi al tema della sicurezza intesa sia come “safety”che come “security”.
«Per ciascuna direttrice sono state evidenziate le principali criticità emerse nella fase istruttoria nonché le possibili soluzioni atte a superarle» ha spiegato Luca Salamone, capo struttura di missione per le politiche del Mare e attuale Direttore generale dell’Agenzia spaziale italiana, che ha insistito sulla volontà di tutte le parti coinvolte nella stesura del Piano di puntare a un vero sviluppo generale, senza egoismi di parte o logiche settoriali. «Il mare deve diventare uno straordinario motore di crescita economica e sviluppo sostenibile» ha sottolineato Salamone «e per questo il Governo ha deciso di metterlo al centro della propria agenda politica e riassegnare alla nostra Nazione un ruolo primario nel contesto geopolitico nell’ambito del cosiddetto “Mediterraneo allargato” e più in generale nel contesto internazionale».
Già dalle prime pagine delle 233 complessive di cui si compone il Piano viene evidenziata la rilevanza strategica della blue economy con la forza dei numeri e dei dati elencati nel provvedimento. Una moltitudine impressionante di dati tra i quali spiccano il valore aggiunto di 54 miliardi di euro prodotti dal settore, i 915 mila occupati e le 1262 navi di bandiera che rendono l’Italia leader nello Short sea shipping in Europa.Ragionevolmente non tutti gli obiettivi elencati nel Piano potranno essere realizzati nel breve periodo, tuttavia sarà prerogativa del CIPOM dettare i tempi per la realizzazione dei vari pilastri sui quali si fonda il provvedimento.
Come ampiamente riportato ai lettori in questi anni, una delle 16 direttrici del Piano sta in particolare a cuore della gente di mare e di chi scrive: si tratta dell’annosa questione della tutela e salvaguardia del lavoro marittimo, una questione imprescindibile che esige un profondo aggiornamento della normativa al riguardo e una maggiore attenzione ai percorsi formativi e all’accesso alle professioni marittime, pesca e diporto compresi.
La crisi occupazionale e le opportunità di crescita non colte, il collocamento della gente di mare e la formazione del personale sono questioni ampiamente analizzate dal Piano ma le soluzioni prospettate, ogni giorno più urgenti, non appaiono di immediata applicazione. Ben più auspicabili e urgenti, invece, sarebbero degli interventi mirati sullo snellimento dei percorsi formativi, sul ripristino dei titoli professionali marittimi di cui all’ex articolo 123 del Codice della navigazione e su una maggiore attenzione ai marittimi del diporto, vera spina dorsale di un settore a tutt’oggi privo delle necessarie tutele.
Alla luce di tutto questo è impossibile non rimarcare quanto il Piano rappresenti un passo importantissimo per riposizionare l’economia del mare al centro delle politiche di sviluppo nazionali. Ma, insieme agli indubbi progressi all’orizzonte di ciascuna componente dell’universo mare, è quanto mai doveroso riaffermare con forza che il grande risultato conseguito con questo Piano è la nuova consapevolezza consegnata agli uomini di mare: per realizzare il vero rilancio del nostro comparto è necessario marciare, anzi navigare uniti.