Il 29 dicembre 2015 accettai con entusiasmo l’invito di Marco Valle, Direttore di “Destra.it”, la rivista online che dà voce alle molteplici anime della cultura della destra italiana, di collaborare con la testata attraverso scritti principalmente di carattere marittimo. Una scelta motivata dalla nostra lunga storia marinara, dai continui sviluppi dell’economia del mare e dall’importanza crescente della geopolitica degli spazi marittimi, elementi che ben si sposano con i miei trascorsi professionali e la mia esperienza nel settore marittimo.
Sono ormai trascorsi nove anni da quell’inizio, e oggi la mia attività divulgativa è ampiamente seguita e apprezzata, come dimostra il fatto che i miei articoli vengono regolarmente rilanciati da numerose testate specializzate che ringrazio per lo spazio dedicato alla mia voce.
Scrivere di mare è un esercizio che considero non solo possibile ma profondamente significativo per diverse ragioni. Innanzitutto, per onorare le nostre tradizioni marinare e la dimensione mitica del mare, un elemento che da sempre intreccia le sue correnti con la nostra cultura e identità nazionale. Ma anche per trasmettere l’esperienza di chi, come me e tanti altri, ha lavorato e continua a lavorare per il mare e sul mare, stabilendo con esso un rapporto intimo che merita di essere raccontato.
Scrivere di mare serve a trasmettere un senso di appartenenza condiviso da milioni di italiani, come avviene sempre nei raduni delle marinerie italiane, dove il mare diventa elemento di aggregazione culturale e sociale. È un modo per tramandare i fasti di un passato glorioso, memoria indelebile di una storia che, per certi versi, è ancora più grande di quanto sia stata scritta. È anche un modo per ispirare le giovani generazioni, contagiarle con la passione per il mare e indicare loro una rotta per il futuro.
Scrivere di mare è il mio presente, la missione che ho scelto e la responsabilità che ho assunto dopo una vita dedicata a questo elemento. Quindici anni di navigazione in giro per il mondo, trent’anni di servizio nelle Capitanerie di Porto, un lungo curriculum da esperto di problematiche marittime e vent’anni come docente in corsi professionali: la mia vita può a buon diritto essere definita una vita all’insegna del mare. Un’esperienza umana arricchita dagli studi di geopolitica e dall’analisi degli spazi marittimi globali, come l’importanza dei “choke points” strategici quali lo Stretto di Malacca e il Canale di Suez, e le implicazioni delle nuove rotte artiche sulla logistica globale in un presente turbolento, che oggi riporta l’attenzione sugli snodi strategici del Mar Rosso e dell’Indo-Pacifico. Una riflessione che si sviluppa come un intreccio di pensieri e ricordi, tra esercizi di ragione e frammenti di vita vissuta.
Con una storia come questa, scrivere di mare è diventato un bisogno dell’anima. Una necessità impellente e un’ansia irrequieta: l’ansia di spiegare, di far comprendere, di trasmettere alle coscienze quell’amore sconfinato per il mare. Un amore spesso frainteso o svilito dalle logiche della finanza e dell’economia globale, e non ancora pienamente indagato nella sua essenza più profonda e autentica: un destino, quello degli italiani e dell’Italia.
Desidero quindi ringraziare Marco Valle, giornalista e saggista che tanto ha dato anche alla cultura del mare, come dimostra il suo libro “Patria senza Mare. Perchè il Mare Nostrum non è più nostro. Una storia dell’Italia marittima”. Grazie a lui per l’opportunità che mi ha offerto di far parte della prestigiosa redazione di “Destra.it”, un onore che continuo a vivere con gratitudine e dedizione.