Fino al XVIII secolo la ”gente di mare” si formava semplicemente andando per mare. Ci si fortificava nel corpo e nell’animo e si era in grado di affrontare qualsiasi ostacolo s’incontrava lungo la rotta, forti di predisposizioni naturali, ma anche dell’esperienza degli “anziani” a bordo. Era il mare ad insegnare il mestiere.
Negli ultimi secoli, in virtù di un costante aumento delle transazioni tra Paesi vicini e lontani e, non ultima, della globalizzazione che tutto omogeneizza pur diversificando, si è sentita l’esigenza di una maggior professionalità e di una maggior specializzazione. In particolare, già nella seconda metà del XX secolo si è assistito ad una crescita della flotta nazionale, caratterizzata da sistemi tecnologici sempre più avanzati e specializzata per qualsiasi tipologia di carico. Di conseguenza, anche le risorse umane, la “gente di mare”, si sono adattate alle nuove realtà ricercando quella formazione che la sola esperienza non era più in grado di dare. La necessità di fruire di cognizioni specialistiche nella conduzione della nave divenne elemento portante della formalizzazione della raccomandazione che nel 1960 disciplinava la preparazione professionale degli equipaggi che venne inclusa nella SOLAS 60. Rimaneva ancora da risolvere il problema cruciale di dotare l’equipaggio di un’ottima conoscenza delle norme di sicurezza della stessa sia a salvaguardia dell’imbarcazione sia degli stessi lavoratori a bordo. Considerazioni immediatamente affrontate a livello mondiale, soprattutto in seguito ad una serie di incidenti imputabili ad errore umano (in particolare quelli di una certa gravità tra il 1967 ed il 1971).
Era evidente che anche la sola formazione degli equipaggi fatta dagli armatori per garantirne l’imbarco non era sufficiente. Anche la nascita di Istituti di formazione doveva essere accompagnata da un’adeguata normativa in materia che tenesse conto di tutte le problematiche che la mancata sicurezza sollevava. La conferenza sulle problematiche dell’addestramento professionale dei marittimi, che si tenne dal 1971 al 1978, portò alla firma della Convenzione STCW 78 che è entrata in vigore in ambito internazionale nell’aprile del 1984. In Italia è stata approvata il 21 novembre 1985 con la legge n. 739 , entrando in vigore, per motivi tecnici, il 26 novembre 1987.
Lo scopo della Convenzione è promuovere la sicurezza della vita e della proprietà in mare e la protezione dell’ambiente marino stabilendo un livello minimo di preparazione del personale navigante e richiedendo il possesso di crescenti e appropriate cognizioni man mano che l’ambiente di lavoro passa da una nave mercantile che trasporta prodotti non pericolosi, ad una petroliera, ad una gasiera o ad una chimichiera. Successivamente si è avvertita la necessità di una revisione della Convenzione per meglio chiarire gli standarddi competenza in relazione alle capacità necessarie per svolgere le funzioni di bordo con sicurezza ed efficacia e permettere, tra l’altro, una maggiore flessibilità nell’assegnazione delle stesse funzioni e quindi ampliare le opportunità di carriera dei marittimi. Il 7 Luglio 1995 a Londra a seguito della Conferenza dei Paesi aderenti all’Organizzazione Marittima Internazionale, sono stati adottati degli emendamenti che hanno radicalmente modificata la convenzione del 1978 che ha subito una nuova revisione venendo emendata dalla conferenza di Manila (Filippine) nel giugno 2010 . La formazione del personale di bordo è uno strumento importante per limitare l’influenza dell’elemento umano nei sinistri e a tal fine la STCW tende ad elevare gli standards di competenza non solo attraverso modifiche all’addestramento stesso ma anche rivedendo i requisiti di accesso alle qualifiche e abilitazioni professionali marittime con l’adeguamento dei relativi programmi di esame sia per il settore di coperta che di macchina.
Purtroppo la proliferazione di bandiere di comodo e le varie nazionalità degli equipaggi non creano dei buoni presupposti per un completo percorso formativo dei marittimi italiani ed in particolare per gli allievi,quindi nel campo della formazione a bordo si registra una fase di stallo e di conseguenza si punta molto sulle Accademie del mare che comunque non sono del tutto attrezzate per un completamento della formazione degli allievi. Bisognerà coinvolgere le istituzioni interessate e gli addetti ai lavori in modo che nelle problematiche varie che costituiscono il mondo dello”shipping” venga inclusa in maniera adeguata l’istruzione e la formazione nautica dando ai giovani che vogliono navigare certezze sul loro futuro e questo in fondo ci rimanda all’idea di un Ministero del mare facendo confluire cosi in un unico Dicastero tutto il settore marittimo.
Nicola Silenti
(destra.it)