La pandemia e la guerra hanno contribuito a delineare meglio gli scenari geopolitici e marittimi, accelerando i processi di cambiamento in corso confermando come ossatura dei commerci il “trade” via mare, come ampiamente descritto nel nono Rapporto annuale sull’economia marittima italiana, curato dal Centro studi SRM con il patrocinio della Fondazione Compagnia di San Paolo. Un pianeta, quello del commercio marittimo mondiale, che vale il 70% del valore complessivo del “trade” e il 90% in volume raggiungendo –sempre secondo il suddetto rapporto-con la logistica il 12% circa del PIL globale con Asia e Cina indiscussi attori nel mondo container e nel settore generale dello shipping.
L’economia mondiale è ancora in crescita anche se è stata messa a dura prova dalla onda lunga del Covid-19 e dalle tensioni geopolitiche in corso. Ulteriori previsioni, indicate sempre nel suddetto rapporto, vedono un aumento del trade via mare nel 2023 di circa il 2,3%. Insomma è il trasporto via mare il principale vettore dell’incremento del commercio internazionale, dal momento che il 90 per cento di tutte le merci viaggia via mare con dati incontestabili confermati anche dalle ultime previsioni del Fondo monetario internazionale.
Spazi importanti sono quelli riservati, tra l’altro, dal rapporto all’analisi dei trend registrati dal Canale di Suez che, nonostante le indubbie difficoltà degli ultimi anni, ha continuato a produrre traffico da e verso il Mediterraneo e agli effetti del conflitto sulla area dello stesso Mediterraneo nel quale si gioca indubbiamente la partita del futuro, concentrando intorno alle sue coste l’attività di 18 porti la cui singola attività supera 1 milione di TEU. Inoltre il rapporto, la cui lettura viene consigliata agli addetti ai lavori,delinea, tra l’altro,in maniera specifica gli effetti del conflitto sull’area del Mediterraneo ed i porti del Mezzogiorno – leva strategica per la crescita del territorio – la digitalizzazione e i modelli marittimo-logistici con riflessioni sul futuro, non mancando di accennare ai cavi sottomarini e alle Zone ZES, evidenziando in chiave di grande rilancio, la strategica candidatura di Napoli come sede per il Mediterraneo dell’European Maritime Safety Agency (EMSA).
Per quanto riguarda lo specifico del nostro Paese è importante sottolineare come lo studio confermi in pieno quanto l’import – export marittimo sia una voce vitale per l’economia italiana citando il valore diretto dell’import-export via mare che nel giugno del corrente anno ha sfiorato i 184 miliardi di euro con una base imprenditoriale di 225 mila aziende ed una occupazione di 920 mila addetti con porti che confermano la ripresa registrando rendimenti positivi. Per continuare con i numeri relativi alla economia del mare ritengo opportuno aggiungere una flotta di 1400 navi con circa 40.000 marittimi impiegati. Numeri che sono la riprova della portata straordinaria di un comparto essenziale, erede di una tradizione legata a doppio filo all’anima della nazione che conferma la sua identità di piattaforma del mare, destinata a recitare un ruolo da protagonista nel Mediterraneo.