Sostenere e incentivare le compagnie marittime italiane a prescindere dalla nazionalità del personale di bordo o premiare soltanto quelle che imbarcano personale italiano e comunitario? E’ in questo grande dilemma che passa il futuro del comparto marittimo italiano. Un avvenire legato in modo indissolubile alle decisioni del parlamento sulla materia e in particolare all’esito di due emendamenti con i quali si intendono destinare le agevolazioni previste dal Registro internazionale unicamente alle navi che imbarcano equipaggi composti da personale italiano o comunitario.
Una scelta comunque dirompente e foriera di conseguenze incalcolabili, talmente spinosa da essere all’origine della drammatica spaccatura tra la Confederazione italiana degli armatori Confitarma, e l’associazione Italiana di cabotaggio nazionale Fedarlinea. Ha destato grande scalpore una lettera pubblica di denuncia dell’armatore Vincenzo Onorato contro l’estensione degli sgravi fiscali previsti per la bandiera italiana anche alle compagnie estere che imbarcano lavoratori marittimi extracomunitari: una pratica, quella dell’impiego di manodopera non comunitaria, che troppo spesso si traduce nell’impiego massiccio di personale non qualificato e sottopagato e comunque a un costo decisamente inferiore di quello italiano.
In tutti i casi, i due emendamenti hanno comunque avuto l’effetto di costringere Confitarma a venire allo scoperto chiedendo pubblicamente l’intervento del governo per fermare le modifiche al Registro internazionale proposte in commissione. Modifiche che, come già accennato, vorrebbero estromettere dagli incentivi vigenti le navi che imbarcano personale non italiano o comunque non comunitario. Una sortita che ha ottenuto il risultato di rallentare l’iter dei provvedimenti ottenendo dalla maggioranza parlamentare l’impegno ad una riflessione ancora più approfondita sulla materia in esame.
Tra le ragioni addotte a motivo del proprio allarme Confitarma ha segnalato il pericolo che circa 500 navi impegnate in traffici internazionali e traffici misti (tra porta container, cisterne, traghetti e navi da crociera, ma non solo) battenti bandiera italiana possano in breve tempo abbandonare il Paese e migrare all’estero per iscrivere le proprie navi in altri più convenienti registri comunitari, senza trascurare l’ipotesi ancora più grave di una delocalizzazione delle stesse aziende, con la perdita ulteriore di società di servizi e di formazione oggi presenti in Italia. Uno scenario tragico con ricadute dolorose in termini di occupazione diretta e indiretta e conseguenze nefaste in termini di mancati introiti per l’erario.
Intanto nei giorni scorsi si è tenuto a Roma un incontro tra i massimi dirigenti del ministero dei Trasporti e il Coordinamento nazionale marittimi, che ha ottenuto pertanto il pieno riconoscimento come interlocutore ufficiale del ministero sulle questioni di categoria. Un tavolo tecnico, quello tra Ministero e Coordinamento che ci auguriamo divenga un appuntamento fisso nell’interesse della marineria italiana