Un anno molto particolare, determinato dalla pandemia da COVID,si è concluso dopo aver impegnato il cluster marittimo italiano su vari fronti quali la politica marittima italiana, le strategie di shipping europeo e globale e la profonda crisi umanitaria che ha inferto duri colpi ai marittimi impossibilitati a svolgere i crew change. Il fronte resta aperto su diverse tematiche, tuttavia anche nel 2021 si dovrà seguitare ad adoperarsi nella certezza di poter fare molte cose per sostenere l’armamento italiano in questa congiuntura delicatissima. Il cluster marittimo italiano deve rinforzare ed estendere i suoi contatti con istituzioni e amministrazioni italiane, dal Governo, alla Marina Militare a tutti gli altri enti più o meno inerenti all’ambito marittimo.
Un campo strategico come quello della logistica marittima non si è mai fermato durante l’emergenza COVID e sta fronteggiando molte criticità derivanti dalla crisi socioeconomica attuale. La crisi determinata dal COVID-19 ha colpito al cuore il commercio globale, già debilitato nel 2019 per via delle tensioni fra Cina e USA, nonché a causa delle incertezze intorno alla Brexit, ma anche per via dell’ascesa di politiche protezionistiche rinforzate e accelerate dalla crisi pandemica.
Tutto questo ha esercitato influssi sul commercio marittimo globale che, sul finire del 2020, ha registrato un calo del 4,1%. Con la ripresa delle produzioni nel pianeta, il commercio marittimo dovrebbe mostrare di nuovo una crescita nel 2021. Ciò chiaramente se non si verificheranno nuove ondate pandemiche.
La forte contrazione della domanda di trasporto via mare, l’incremento del costo del lavoro e dei premi assicurativi sono solo alcune fra le molteplici problematiche che danneggiano molte compagnie di navigazione. La problematica principale concerne la crisi umanitaria causata dalle restrizioni ai viaggi internazionali introdotte dai governi al fine di contrastare la pandemia.
Vi sono stati oltre 400.000 marittimi rimasti bloccati in mare per mesi, con contratti già scaduti: una circostanza insostenibile sia per il benessere dei marittimi e dei loro familiari sulla terraferma, sia per la sicurezza stessa delle imbarcazioni. In confronto ai primi mesi del 2020 le circostanze appaiono in lieve miglioramento, però vi sono ancora molte migliaia di marittimi costretti a stare per mare sulle navi e altrettanti impossibilitati a partire per sostituirli. Le organizzazioni marittime in tutto il pianeta si sono attivate chiedendo che le istituzioni nazionali e globali risolvessero quei gravosi problemi. È stato così stilato un protocollo finalizzato a garantire avvicendamenti sicuri degli equipaggi tramite i confini internazionali e tale da evitare di porre a rischio i commerci globali.
L’Assemblea delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che riconosce tale ruolo ai marittimi e incoraggia i governi ad attuare misure volte a permettere i cambi di equipaggio garantendo l’accesso alle cure per tutto il personale.
La crisi pandemica ha mostrato quanto il mondo fosse impreparato a una simile evenienza e ha posto in rilievo l’urgenza di investire nella gestione del rischio e nella formazione di personale capace di rispondere efficacemente alle più gravi situazioni emergenziali in ambito logistico. Il COVID-19 ha anche dimostrato che il trasporto via mare è la modalità più eco-compatibile nonché più economica per agevolare i commerci globali e che sarà di importanza cruciale nella ripresa economica anche per quanto riguarda distretti produttivi a terra e nell’entroterra.
Nel prossimo futuro continueranno le azioni dello shipping globale volte a rendere il trasporto via mare via via più ecosostenibile, anno dopo anno. Tali ambiziosi traguardi saranno raggiungibili a patto che l’azione sia condivisa sul piano internazionale evitando di ricadere in singole iniziative nazionali che facilmente segnerebbero un danno per la comunità internazionale. Circa il 90% del commercio globale viaggia via mare, dunque senza le navi metà della popolazione del pianeta potrebbe morire di fame e l’altra metà di freddo. In questo periodo il trasporto via mare, che non si è mai fermato, ha sempre assicurato gli approvvigionamenti alimentari ed energetici necessari per tutti. Non va tuttavia dimenticato anche il trasporto marittimo di materie prime, di prodotti biomedicali e di altri articoli comunemente venduti nell’ambito della grande distribuzione.
Questa emergenza sanitaria ha messo in luce la necessità di sviluppare al massimo la blue economy per tutelare la vita e la salute con un approccio legato al trasporto ed in particolare al trasporto delle merci.Si ricorda che il termine “economia blu”allude proprio all’importante risorsa rappresentata dal mare che deve essere messo al centro della ripresa per una efficace economia blu sostenibile e ciò è specialmente vero per un Paese manifatturiero ed esportatore come l’Italia.
Un occhio di riguardo viene infine spontaneo riservare ad alcune problematiche marittime in Sardegna. Il 28 febbraio p.v. scade la proroga al provvedimento sulla continuità territoriale marittima e si dovrà procedere a predisporre nuovi bandi mirati all’assegnazione delle tratte marittime.
Per quanto riguarda i nodi da sciogliere nell’ambito delle richieste dell’UE, sembra che gli uffici del Ministero dei Trasporti non abbiano ancora ricevuto osservazioni circa i bandi di continuità territoriale marittima. Anche in questo caso, la domanda di trasporto merci e passeggeri si è assai evoluta e non bisogna dimenticare la salvaguardia dell’occupazione dei marittimi che deve essere fattore prioritario nella sfida per la continuità territoriale marittima. Altra questione riguarda gli ex lavoratori del porto canale di Cagliari che meritano il massimo supporto per la creazione dell’Agenzia del lavoro portuale senza dimenticare di concludere le procedure per il rilascio della concessione demaniale del porto canale tenendo conto anche di altre soluzioni per il rilancio del settore portuale di Cagliari.