L’attuale interscambio commerciale marittimo, che tocca direttamente il futuro del Mediterraneo e la sua crescente centralità nella economia del mare, si sviluppa attraverso varie rotte marittime globali che hanno origine dalla Dragon line, la linea che collega senza soluzione di continuità il Mediterraneo alla Cina. Una linea puntellata da scali marittimi strategici del calibro di Gioia Tauro, Barcellona, Valencia e l’egiziano Port Said, varco forzato per l’accesso al Canale di Suez e gli scali successivi del mar Rosso e del golfo Persico verso Singapore e la penisola coreana. Ultima fermata il colosso cinese, con le poderose roccaforti di Yantian, Qingdao, Shanghai, Nansha e Yantian.
Il viaggio dura in tutto 90 giorni e nei contenitori si trasportano merci di ogni genere dalla Cina all’ Europa (carico secco), mentre dal Mediterraneo alla Cina si trasporta soprattutto carico refrigerato proveniente per lo più da California (in genere frutta e medicinali) e Sud America (in prevalenza carne bovina e pollame). Per consentire una conservazione ottimale della frutta e della verdura refrigerate, durante il trasporto si sottopongono gli alimenti a una procedura specifica detta di “cold treatment” uno speciale trattamento che consiste nel produrre drastiche variazioni delle temperature di conservazione (grazie all’impiego di azoto), consentendo così agli armatori di imbarcare i prodotti acerbi e sbarcarli a destinazione maturi e pronti per il consumo.
Oltre alla già citata Dragon line, le altre linee di trasporto che collegano il Mediterraneo con il continente asiatico sono la Jade line, simile alla prima nel collegamento tra mediterraneo occidentale e Corea e Cina, a eccezione degli scali ulteriori di La Spezia, Fos e Malta, la Tiger line che collega Corea e Cina al mediterraneo dell’est e la Phoenix line, che mette in comunicazione i porti cinesi con l’Adriatico. Operative insieme a queste sono poi le linee che collegano Cina e Corea con l’Europa del nord, ma a differenza delle precedenti imperniate sull’Europa occidentale, queste fanno scalo in Malesia, India e Oman all’andata e a Tanger (Marocco) e Algeciras (Spagna) nel viaggio inverso. Caratteristica di questo traffico di containers sono le operazioni di banchina, in prevalenza commerciali con manovre di carico e scarico e rarissime operazioni di bunkeraggio, ossia di rifornimento e carico di combustibile.
Ci sono poi le tante linee commerciali che collegano lato oceano Pacifico Cina e Corea con gli Stati Uniti, ma a causa degli alti dazi doganali è diventata prassi inviare prima il carico in Europa per sdoganarlo e ricaricarlo poi per il trasporto verso la Cina, pratica economicamente molto più conveniente.
Al momento il costo del nolo per il trasporto di un container della misura standard di 20 piedi dalla Cina all’Europa e viceversa è di 10 mila dollari americani (al cambio attuale pari a circa 8650 Euro) mentre un container refrigerato costa sulla stessa tratta una cifra doppia, vale a dire 20 mila dollari. Dal primo gennaio di quest’anno i noli delle tratte verso la Cina sono cresciuti nella misura del 625 per cento, e secondo gli analisti il rialzo non si interromperà sino alla fine del 2022. Pertanto oggi accade spesso che il valore della merce stivata in un container sia inferiore al costo del nolo, ragion per cui gli spedizionieri preferiscono tenerlo fermo nei terminal in attesa che il nolo si ribassi.
Un fenomeno che sta producendo l’effetto deleterio di produrre la mancanza di contenitori vuoti a fronte di una richiesta sempre crescente di disponibilità da parte delle fabbriche cinesi: così, a fronte dell’impossibilità di questi ultimi di far fronte alla domanda, il conseguente incremento del fabbisogno di containers provoca il progressivo aumento del nolo, con nefasti effetti a cascata su tutto il comparto mondiale. Una spirale funesta che costringe le stesse fabbriche cinesi a rallentare la produzione, amara congiuntura di un’epoca d’oro per il mercato dei trasporti: un’epoca che sta regalando agli armatori guadagni incalcolabili mentre per i consumatori si prospetta, ancora, l’ennesimo orizzonte di rincari.