Da uomo di mare, cresciuto in un’epoca in cui la vita a bordo insegnava prima di tutto a leggere il mondo, guardo oggi al sistema portuale italiano con un sentimento doppio: da un lato l’orgoglio per una tradizione secolare che ci ha resi protagonisti del Mediterraneo, dall’altro la consapevolezza che il nostro Paese non può più permettersi di vivere di rendita. Il mare è cambiato, i traffici sono cambiati, e soprattutto è cambiato il ritmo con cui questi mutamenti si impongono. Nel Mediterraneo contemporaneo non c’è spazio per chi resta fermo.
Ho passato buona parte della mia vita a solcare rotte che attraversavano continenti, osservando i porti all’arrivo all’alba o alla partenza della sera, da un ponte di comando o da una banchina brulicante. Ogni scalo, piccolo o grande che fosse, mostrava il carattere di un territorio e la sua capacità di dialogare con il mondo. È per questo che oggi guardo ai nostri porti con l’attenzione di chi sa che il vero margine competitivo non sta solo nelle infrastrutture, ma nella capacità di interpretare le correnti globali che li attraversano.
L’Italia ha spesso oscillato tra intuizioni brillanti e lentezze paralizzanti, tra eccellenze locali e mancanza di visione unitaria. Intanto, nel Mediterraneo, altri Paesi hanno già tracciato le loro strategie, investito nelle infrastrutture, stretto alleanze, costruito nuovi hub logistici e tecnologici. Noi possediamo una risorsa che nessun altro ha: una posizione geografica irripetibile nel mare dove per secoli si è intrecciata la storia del mondo. Ma questo vantaggio non basta da solo: va trasformato in strategia.
In questo scenario la Sardegna occupa un posto particolare. Non è soltanto un’isola al centro del Mediterraneo occidentale: è un crocevia naturale per traffici, rotte, turismo e innovazione. La rete dei suoi porti, da Cagliari a Olbia, da Porto Torres a Golfo Aranci fino agli scali minori e turistici, rappresenta un patrimonio prezioso, ancora in cerca di una direzione unitaria e di una visione lunga. Ecco perché la recente nomina di Domenico Bagalà alla presidenza dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sardegna assume un valore che va oltre l’avvicendamento amministrativo.
Bagalà, ingegnere con una solida esperienza internazionale nel settore portuale e turistico, dopo tre mesi da Commissario straordinario ha ricevuto dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini l’incarico di guidare l’AdSP sarda verso una fase nuova e più consapevole delle dinamiche globali. Il suo metodo si fonda sul dialogo, sull’analisi dei mercati, sulla conoscenza delle interazioni geopolitiche e sulla costruzione di relazioni solide con istituzioni e territori. Ha avviato una fitta rete di sopralluoghi e incontri con i Comuni, rilanciando l’iter del Documento di Programmazione Strategica di Sistema, per dare coerenza e visione all’intero sistema portuale regionale.
Nel suo programma emerge la volontà di portare i porti sardi dentro la grande conversazione internazionale della logistica mediterranea. La strategia prevede attività di marketing intelligence e business scouting per attrarre nuovi traffici, intercettare produzioni che rientrano dall’estero, accorciare le catene logistiche e riposizionare il container tra Ro-Ro e Lo-Lo, con uno sguardo particolare ai rapporti con il Nord Africa, area sempre più dinamica e competitiva
Accanto al traffico merci, la Sardegna può diventare un punto di riferimento per la crocieristica e il turismo marittimo. L’attivazione dei collegamenti aerei tra Olbia e gli Stati Uniti apre prospettive nuove: non più soltanto un’isola da visitare, ma una base di partenza per itinerari mediterranei di alto profilo. L’AdSP sta sensibilizzando le compagnie crocieristiche e lavorando con le istituzioni locali affinché gli scali maggiori assumano un ruolo di home port, mentre quelli più piccoli possano specializzarsi in crociere culturali e di lusso, valorizzando la ricchezza paesaggistica e archeologica dell’isola
Il rilancio passa anche dalle infrastrutture. Sono già in fase avanzata interventi come il Terminal Ro-Ro di Cagliari, il Centro servizi di Oristano, l’antemurale di Porto Torres, insieme ai progetti per Olbia, Golfo Aranci, Santa Teresa, Arbatax, Portovesme e Sarroch–Porto Foxi. Si tratta di tasselli fondamentali per costruire un sistema portuale moderno e competitivo, capace di rispondere alle esigenze delle rotte attuali e future.
La sostenibilità rappresenta un altro pilastro della nuova governance. Nei porti sardi è in corso la realizzazione del più esteso sistema di elettrificazione delle banchine in Italia, indispensabile per abbattere le emissioni delle navi ormeggiate. Si lavora alla creazione di nuovi hub per GNL e carburanti alternativi, a soluzioni di economia circolare per il riutilizzo dei materiali di escavo e alla digitalizzazione dei processi operativi, ormai requisito essenziale in ogni scalo internazionale
La Sardegna ha inoltre un potenziale enorme nel settore della nautica da diporto e della cantieristica, soprattutto nella fascia dei mega e giga yacht. La strategia di Bagalà punta a mettere in rete le numerose portualità turistiche dell’isola, creando una piattaforma integrata in grado di offrire servizi avanzati e di attrarre investimenti in un settore in forte crescita nel Mediterraneo
Un aspetto particolarmente innovativo del nuovo corso è l’attenzione alla formazione. Il porto del futuro non può esistere senza competenze: operatori aggiornati, personale qualificato, giovani formati nella Blue Economy. L’AdSP intende collaborare con le Università per attivare corsi di laurea e master dedicati, creando nuove figure professionali pronte a rispondere alle esigenze del settore marittimo contemporaneo.
Le parole del presidente sintetizzano bene questo impegno: un dovere verso la comunità portuale regionale e la volontà di creare condizioni di crescita strutturale, mettendo in campo strategie che rispondano alle dinamiche internazionali, con il contributo dei dirigenti e dei dipendenti dell’AdSP, in uno spirito di squadra rinnovato
In un Mediterraneo che cambia rapidamente, la Sardegna ha l’opportunità di diventare protagonista. Ma perché ciò avvenga, è necessario un approccio nuovo, rigoroso e capace di interpretare i segnali del mare. Credo che questa fase possa rappresentare una svolta: i porti non sono entità statiche, ma organismi vivi, che respirano e si trasformano. Hanno bisogno di visione, metodo e coraggio. Se la Sardegna saprà tradurre queste qualità in azione concreta, allora potrà tornare a essere ciò che la storia le ha sempre assegnato: un ponte naturale nel Mediterraneo, aperto al mondo e capace di generare sviluppo, lavoro e futuro.
In fondo, ogni porto è anche un luogo della memoria. E mentre guardiamo alla Sardegna che si prepara a una nuova stagione di crescita, non posso fare a meno di tornare con il pensiero al mio primo incontro con il porto di Cagliari, nel lontano 1974, quando arrivai in Capitaneria. Era un’altra epoca, fatta di marittimi che vivevano il mare senza filtri, di traffici più lenti ma di relazioni più dirette, di una portualità che si costruiva giorno dopo giorno, a volte con mezzi modesti ma con grande determinazione. Quelle banchine, quegli ormeggi, quella comunità portuale rimangono per me un riferimento vivo, una bussola di valori e di esperienze che ancora oggi orientano il mio modo di guardare il sistema marittimo.
Proprio in questa prospettiva, vent’anni fa ebbi modo di conoscere Domenico Bagalà e di ascoltare le sue prime intuizioni sulla portualità moderna. Ricordo bene la lucidità con cui immaginava scenari che allora sembravano lontani, la capacità di leggere i traffici, le rotte, le trasformazioni del Mediterraneo con uno sguardo che andava oltre l’immediato. Rivedere oggi quelle idee tradotte in un mandato di responsabilità, e in una strategia concreta per i porti sardi, dà il senso di una continuità rara: quella tra la visione e la realizzazione, tra il mare vissuto e il mare governato.
Ed è forse questo, più di ogni altra cosa, che mi induce a guardare con fiducia alla direzione intrapresa. Perché quando memoria, esperienza e visione si incontrano, un porto non è più soltanto un’infrastruttura: diventa un orizzonte possibile.
