Lo scorso novembre la rivista “Limes” ha organizzato presso la sede di Confitarma il primo appuntamento de “Le Giornate del Mare”. Il titolo, “L’Italia è il mare. Ma non sa cosa farsene. Modeste proposte per ritrovare le onde perdute”, già suggerisce come la ripresa del Paese sia legata alle risorse trascurate offerte dal Mediterraneo.
Il Mare Nostrum è centrale nei traffici anche transoceanici e nei rapporti fra le più grandi potenze. Seppure affacciati sul mare come pochi altri in Europa, non siamo mai abbastanza marittimi. L’Industria marittima è stata ridotta a posizioni di subalternità rispetto a quella legata ad altre modalità di trasporto.
Purtroppo, finora le misure del Governo a supporto dei settori industriali e commerciali hanno riguardato soprattutto le altre modalità di trasporto. Alla tavola rotonda hanno partecipato anche esponenti dell’armamento italiano che hanno trattato questioni più vicine alla nostra cultura mercantile come il ruolo dell’Italia come hub energetico europeo, le prospettive di sviluppo di una efficace strategia marittima delineando inoltre un confronto tra le varie realtà portuali della penisola. Interessanti le considerazioni fatte da Luca Sisto, direttore generale di Confitarma. Fra le sfide che è necessario affrontare, ha detto Sisto, vi sono le strategie “di contrasto alla pirateria marittima”, “l’emergenza migratoria” e il divario fra la logistica italiana e la concorrenza dei porti nella sponda Sud del Mediterraneo e del North Range. Occorre poi definire le strategie inerenti alle grandi rotte pendulum che connettono l’Europa agli scenari transatlantici e alla Via della Seta.
Per Sisto l’industria marittima italiana potrà prender parte a queste sfide solo a condizione di poter “operare su un piano di regole comuni e di competitività”. L’istituzione del Registro Internazionale rimane il pilastro su cui poggia il sistema marittimo nazionale. Senza di queste e altre iniziative non avrebbe senso parlare né di sviluppo tecnologico della blue economy né di sostenibilità ambientale.
Nella due giorni di dibattiti tenutasi in modalità stream è stato suggerito che noi “Se non siamo mare, non siamo Italia.” Siamo stati culla di alcune grandi civiltà marittime e nonostante la nostra posizione strategica al centro del Mediterraneo sia rimasta invariata, il Paese appare incapace di rilanciarsi in questi scenari.
Ragioni storiche e demografiche spingono l’area più industrializzata del Paese a guardare alla terraferma, di là dalle Alpi. L’italiano medio tende a considerare il mare improduttivo e fonte di problemi, non ultima l’immigrazione clandestina associata al pericolo terrorismo e a rischi epidemici. Il deficit di cultura dell’economia marittima e i danni del malgoverno sono fattori decisivi nel nostro arretramento nel Mediterraneo.
Oggi il Mar Mediterraneo viene sempre più territorializzato dai Paesi che lo abitano in maniera sempre più predatoria, rendendolo non più un bene da condividere, ma un luogo di conquista. Forse anche per questo l’Italia tende a rinunciare al controllo o finanche a disconoscere il Mediterraneo per evitare possibili controversie diplomatiche e conflitti.
Eppure esige ripensamenti anche dal lato della Difesa la corsa al riarmo navale delle nazioni rivierasche sulle sponde Sud ed Est, che porta a rimettere in discussione anche i confini un tempo dati per scontati.
Dal dialogo di apertura dei lavori è affiorata la figura di una forza armata marittima con un valore quasi esclusivamente di “rappresentanza” e non proiettata all’esercizio di un soft power marittimo connotato da azioni strategiche rivolte a far rispettare i diritti internazionali nostri e dei Paesi alleati. Siamo lontani dagli approcci dei nostri amici/concorrenti francesi, inglesi, turchi, i quali, seppur alleati Nato, hanno dato prova di decisionismo strategico nazionale.
Il Belpaese da troppo tempo è congelato come in una specie di enorme pausa in attesa di non si sa bene cosa, fra forze politiche che per ragioni di partito o di interessi lobbistici confondono le dimostrazioni di sovranità nazionale con atti di guerra citati nell’articolo 11 della nostra Costituzione.
Da più parti in questo Festival del mare si è fatto riferimento all’importanza di avere un centro di comando che possa stabilire come muoverci in un mare dove agiscono le principali altre potenze, Usa, Russia, Cina, Turchia. Inoltre, per esempio, che cosa possiamo fare davanti alla decisione unilaterale dell’Algeria di creare un’area economica che si espande nel centro del bacino mediterraneo fino a lambire le nostre acque territoriali? Come possiamo assumere un ruolo di maggior rilievo nella Nato?