La recente notizia apparsa sulla stampa specializzata sulla scelta di Federica Montaresi, attuale commissario dei porti della Spezia e Carrara, in pole per diventare la possibile guida dell’Autorità di Sistema Portuale della Sardegna ha riacceso il dibattito su una questione che affligge l’Isola da troppo tempo: la tendenza a cercare soluzioni ai problemi locali in personalità esterne, anziché valorizzare le competenze interne. Nulla da dire sulle capacità della Montaresi, professionista di valore, ma il presidente dell’Autorità Portuale della Sardegna dovrebbe essere un “sardo”. E non perché manchino candidati all’altezza, anzi: nella lista dei papabili vi sono figure di grande spessore, preparate e con una profonda conoscenza delle dinamiche portuali isolane. Il settore portuale sardo rappresenta un pilastro fondamentale per l’economia isolana ed è una questione cruciale per il rilancio economico dell’Isola. I principali scali di Cagliari (nella foto), Olbia, Porto Torres e Arbatax rappresentano asset strategici per la continuità territoriale, il turismo e il traffico merci.
Una gestione attenta e radicata è essenziale per valorizzare questi porti, potenziarne le infrastrutture e attrarre investimenti in grado di rafforzare il ruolo della Sardegna nel Mediterraneo e anche se il transhipment a Cagliari sembra ormai un progetto abbandonato, alcuni investimenti privati, come quelli del gruppo Grendi, stanno contribuendo a mantenere vitale il comparto cargo.
Quindi la politica sarda non può continuare a rimanere spettatrice di scelte strategiche fondamentali per il futuro dell’Isola. È arrivato il momento di uscire dall’apatia e far sentire con forza la propria voce nelle sedi istituzionali competenti. Rinunciare a rivendicare un ruolo attivo in decisioni di questa portata significa accettare, ancora una volta, una subalternità che la Sardegna non può più permettersi. L’intera classe politica sarda ha il dovere di difendere le prerogative della propria terra e di garantire che le posizioni di vertice siano affidate a chi conosce profondamente il territorio, le sue necessità e le sue potenzialità.
Da tempo ormai la Sardegna si trova a fare i conti con un complesso intreccio di problemi economici, sociali e politici. Tuttavia, esiste un atteggiamento ricorrente che sembra resistere a qualsiasi cambiamento: la convinzione che le soluzioni ai mali dell’Isola debbano arrivare dall’esterno, da figure politiche o manageriali provenienti da “fuori”. Un’abitudine radicata che stride con l’orgoglio identitario dei Sardi e con il loro profondo senso di appartenenza alla propria terra.
Nonostante l’autonomia regionale e decenni di esperienza gestionale, molti politici e cittadini continuano a riporre speranze quasi messianiche in personalità non sarde, come se il talento e la competenza locale non fossero sufficienti ad affrontare le sfide dell’Isola. Questo atteggiamento non solo mina l’autostima collettiva, ma contribuisce a perpetuare una dipendenza decisionale che rallenta lo sviluppo della Sardegna e ostacola una piena assunzione di responsabilità da parte della sua classe dirigente.
Eppure, la Sardegna non manca di talenti e competenze. La sua storia è costellata di personalità di spicco nel campo della scienza, della cultura, dell’imprenditoria e della politica, capaci di distinguersi a livello nazionale e internazionale. Non mancano professionisti preparati e visionari che potrebbero offrire soluzioni concrete per i problemi dell’Isola, se solo venisse loro riconosciuto il giusto spazio.
Per superare questa perenne attesa di un “papa straniero”, la Sardegna deve credere di più in sé stessa e nei suoi talenti. Serve una politica capace di valorizzare le competenze locali, di promuovere il merito anziché il familismo, e di prendere decisioni autonome, senza aspettare miracoli dall’esterno. Solo così l’Isola potrà affermarsi pienamente nel contesto nazionale e internazionale, facendo leva sulle proprie risorse e sulle proprie capacità per costruire un futuro più solido e indipendente.