Il Prof. Ing. Paolo Fadda, Docente del Dipartimento d’Ingegneria del Territorio, Sezione Trasporti, dell’Università di Cagliari, ex Assessore tecnico ai Lavori Pubblici della Regione Sardegna, 55 anni, cagliaritano, è il nuovo Presidente dell’Autorità Portuale di Cagliari.
La riforma della legislazione dei porti, la fondamentale importanza che la portualità italiana riveste nella vita economica del Paese, l’esistenza di una politica che, com’è stato ricordato, non da’ alla stessa portualità risposte tempestive e soddisfacenti: sono solo alcuni dei temi che abbiamo voluto approfondire con il Presidente Fadda. Nel corso del cordiale incontro non sono comunque mancati anche considerazioni su alcune problematiche locali e su tutto ciò che ruota intorno allo sviluppo di un porto anche dal punto di vista logistico-formativo per meglio rispondere alle esigenze del mercato del settore portuale attraverso l’evoluzione delle competenze del personale.
Cosa ne pensa del nuovo testo di legge per la Riforma della legislazione sui porti, comprese l’autonomia funzionale delle Autorità Portuali e l’eventuale interconnessione tra i porti regionali?
Sembrerebbe che i testi di legge predisposti dal Governo e da alcuni parlamentari contengano un elemento che considero essenziale per la competizione del nostro Paese nello scenario dei traffici del Mediterraneo, e cioè quello della visione sistemica del ruolo dei porti. Ad una rete di porti – mi piace qui riprendere il termine di “Porto Italia” utilizzato dal Vice Ministro On. Cesare De Piccoli – con ruolo di primo livello funzionale per partecipare, unitariamente, alla sfida lanciata dagli altri terminal mediterranei, si interconnettono i sistemi regionali che operano autonomamente all’interno della strategia nazionale. Mi pare che in questa visione vi sia gran parte del buono possibile, poiché il principio di sussidiarietà e autodeterminazione delle regioni è enfatizzato ed anche perché tale autonoma scelta di partecipare alla sfida deve tuttavia essere coerente con la strategia nazionale. Le regioni che hanno reclamato in passato maggiore autonomia, con questa legge potranno pianificare lo sviluppo del sistema regionale dei porti, facendo riferimento ad una strategia del Governo centrale che traccia la strada verso la specializzazione dei sistemi regionali che, posti anch’essi a sistema, possano funzionalmente integrarsi con il disegno nazionale. In questo quadro l’autonomia, più gestionale che pianificatoria, che la legge lascerebbe alle Autorità Portuali, credo sia del tutto coerente con le nuove competenze di pianificazione disegnate per lo Stato e le Regioni. Una bella sfida!
Diverse Autorità Portuali hanno già messo in atto o programmato alcune “best practice” in campo ambientale, a dimostrazione della crescente attenzione alla tutela ambientale del territorio. Quali iniziative verranno intraprese a Cagliari in tal senso?
In materia ambientale ho qualche idea su come migliorare la qualità del territorio e del mare. Al momento alcune di queste ipotesi sono al vaglio tecnico per poterne valutare l’efficacia e l’economicità operativa. Citerei, in ordine di stato d’avanzamento delle proposte, quelle della sicurezza del mare nel golfo di Cagliari ed all’interno degli specchi acquei del porto e della protezione dello stesso mare dai rilasci abusivi di sostanze inquinanti. Il controllo e l’instradamento dei natanti, in un contesto nel quale il traffico è destinato ad aumentare, è un fattore fondamentale contro i rischi di danni o catastrofi ambientali a seguito di collisioni, come pure l’individuazione di coloro che commettono atti di pirateria con rilasci abusivi di oli minerali, loro derivati, od altro. Le tecnologie moderne consentono oggi di poter riconoscere i diversi materiali in mare e, conseguentemente, di poter gestire le operazioni di pronto intervento in qualsiasi condizione meteorologica e di notte. Con due proposte di ricerca specifiche, l’Autorità Portuale di Cagliari intende promuovere tali iniziative, congiuntamente ad una terza, comunemente chiamata del “ Terminal virtuale”. Il miglioramento delle pratiche di gestione della merce all’interno del porto, la segnalazione ai trasportatori dell’ora precisa in cui possano muoversi i semirimorchi per trasferire le merci da e per le banchine, l’indicazione degli itinerari urbani da seguire al variare delle condizioni del traffico, il controllo dell’unità di carico rispetto ad eventuali manomissioni o atti di delinquenza/ terrorismo costituiscono una proposta di miglioramento della funzionalità del porto, molto importante anche ai fini ambientali, in particolare per la riduzione delle emissioni di gas inquinanti dovuti ai tempi di viaggio e sosta non ottimizzati. Un altro tema è quello relativo all’offerta di servizi quali energia, smaltimento rifiuti ed acqua a favore della comunità portuale e per i distretti industriali del fronte porto. La normativa per lo smaltimento dei rifiuti prodotti dai natanti impone determinate regole che portano a pensare alla creazione di un ciclo integrato di produzione di energia, acqua e dello stesso smaltimento. Ho, in questo senso, avuto la disponibilità da parte delle Autorità di Gestione dell’Aeroporto di Elmas, localizzato a ridosso del Porto Industriale, per poter concepire un sistema integrato comune che consentirebbe di poter ottimizzare la realizzazione di questa filiera “energetica” al fine di ridurre consistentemente i rilasci in atmosfera di gas dannosi da parte delle attività del porto e dell’aeroporto. L’ipotesi di lavoro che si intenderebbe portare avanti riguarda la possibilità di poter fornire energia a costo contenuto a favore dei natanti in sosta in porto, affinché rinuncino all’utilizzo dei generatori di bordo, e quella di poter sostenere le aziende in start-up del distretto della logistica, attraverso l’offerta di energia, acqua e smaltimento rifiuti a tariffe del tutto promozionali.
Per meglio rispondere alle esigenze del mercato del settore e per sviluppare le competenze del personale operante in ambito portuale con l’obiettivo di contribuire al miglioramento degli standard di sicurezza e di qualità nelle prestazioni, alcune Autorità Portuali si sono dotate di un Centro di Formazione Professionale. In merito a ciò quali iniziative intende intraprendere l’Autorità Portuale di Cagliari, forte anche dell’esperienza del suo Presidente nel campo della formazione?
Il coordinamento degli Enti che operano in ambiente portuale, la conoscenza dei loro fabbisogni e l’analisi delle mansioni svolte nelle operazioni a rischio sono il primo passo per poter fornire formazione professionale adeguata. La mia specifica esperienza in questo settore è derivata dall’attività di ricerca nel settore dei fattori umani e dallo studio delle specifiche mansioni svolte dagli operatori gruisti e di ralla all’interno dei terminal container. Oggi è in fase di realizzazione, presso l’Università di Cagliari, un nuovo simulatore dinamico di gru portainer e transtainer, progettato specificatamente per svolgere sia attività di alta formazione che di ricerca nel campo dell’affaticamento degli operatori. Cito quest’esempio perché esso è il risultato scaturito da studi specifici volti a fornire livelli sempre maggiori di competitività ad un terminal attraverso adeguata formazione iniziale degli operatori, ma soprattutto attraverso cicli di richiami formativi. Tali sistemi consentono di evitare di impegnare per lungo tempo le attrezzature di banchina ed anche perché addestrando nel campo reale, il richiamo formativo sarebbe meno efficace per il fatto ovvio di non poter programmare tutte le condizioni operative necessarie alla formazione (meteorologia, carichi di lavoro, eventi rari etc.). Allora il coordinamento fra Enti che operano in ambiente portuale ci deve consentire di mettere in luce le esigenze e le procedure più efficaci per raggiungere l’eccellenza degli operatori tutti.
Sulla stampa locale sono apparse alcune dichiarazioni relative a “vocazioni alla portualità” completamente diverse tra i porti di Olbia- Golfo Aranci e Cagliari. Qual è il suo parere in merito?
Ho detto della specializzazione del sistema portuale regionale e dunque condivido in linea generale questa impostazione che tende a realizzare un sistema di porti specializzati e messi a rete. In attesa di un indirizzo di pianificazione unitaria regionale sul quale lavorare, posso solo affermare che alcune considerazioni sviluppate in passato dagli operatori di trasporto marittimo sono imprecise, oltre che incomplete, dal punto di vista dell’economia dei trasporti, ma richiamano il concetto dell’affidabilità del trasporto quale elemento cardine di un sistema efficiente ed economico; concetto che condivido. Tuttavia l’affidabilità, che non è collegabile in senso stretto alla distanza di un porto isolano dalla terraferma, ma al contrario a ben altri fattori quali ad esempio l’efficienza e l’organizzazione gestionale dei terminal e dei contesti territoriali sui quali i diversi porti insistono richiede dal punto di vista analitico l’esplicitazione, appunto, della variabile complessa “affidabilità”. Altrimenti con ragionamenti parziali non sarebbe possibile spiegare perché in tempi passati alcuni segmenti di traffico quali i RO-RO, uscissero da Cagliari e non da Olbia come oggi. Né come oggi stia avvenendo che qualcuno incominci a domandarsi se la crescita di traffico nel Golfo di Olbia possa mantenere questo trend, dato che l’affidabilità non è solo una variabile interna alla catena logistica del trasporto, ma il suo mantenimento produce riflessi significativi anche su altre questioni quale ad esempio quella ambientale. Ecco perché diviene importante la specializzazione dei porti, in particolare per mantenere in efficienza specifiche offerte nei confronti di segmenti di mercato e non di altri, per rispondere efficacemente, come rete di porti, alle esigenze di una regione senza generare emergenze di altra natura.
Quali sinergie sussistono tra porto, città e territorio in relazione alle dotazioni infrastrutturali? Una questione, questa, molto attuale, che richiederebbe un dibattito piuttosto che una sintetica risposta. Posso dire che vi è principalmente un problema di comunicazione: la città vive il suo mare ed il suo fronte porto, e non parlo di quello turistico o crocieristico nei confronti del quale, di fatto, vi è contatto diretto fra cittadini e mare e crea una accettazione più o meno convinta, ma di quello industriale che spesso è vissuto dalla città in generale come un corpo estraneo. Sebbene la necessità di delocalizzazione delle attività commerciali ed industriali dei porti risulti ovvia dal punto di vista funzionale, essa ha contestualmente generato maggiore distacco ed intolleranza verso questa realtà da parte non solo dei cittadini ma spesso anche da parte di taluni opinion leader. La comunicazione può fare la differenza; mi riferisco a quella buona che può colmare questo vuoto e questa intolleranza che ruota intorno proprio alla osservazione di “ tanti spazi sacrificati” che potrebbero essere utilizzati in ben altro modo. Per quanto riguarda Cagliari si continuerà nell’azione intrapresa dal mio predecessore di aprire sempre più il porto alla città. Cercherò tuttavia di mettere in campo nuove azioni per far conoscere anche l’altra realtà del porto, che considero principale e fondamentale, che è quella produttiva, commerciale e industriale anche e soprattutto facendo in modo che giorno dopo giorno tali attività si rafforzino per fornire la concreta risposta ad una economia regionale in crisi di occupazione.
Come intende impostare le linee guida del Piano Operativo Triennale concernente le strategie di sviluppo delle attività portuali e quali ricadute si potranno avere sull’occupazione? Sono in fase di elaborazione il Piano Strategico di Sviluppo portuale ed il Piano Operativo Triennale. Seppur in ritardo, con il Piano Strategico di Sviluppo portuale, documento di pianificazione, di corredo al PRP, intendiamo tracciare le linee principali programmatiche della gestione di breve/ medio periodo. Il PRP prevede lo sviluppo di più settori; al momento per ogni segmento di mercato, da quelli tradizionali quali i semirimorchi, i Passeggeri, i Containers, ai nuovi del diportismo e delle crociere, abbiamo problemi da risolvere che limitano la possibilità concreta di attuare una politica attiva di marketing. Per le crociere, ad esempio, dobbiamo risolvere alcune questioni connesse agli approdi ed alla sistemazione funzionalmente efficiente del Molo Ichnusa, dedicato ad esse, per ciò che riguarda, invece, il diportismo, il frazionamento dei lotti nelle gare recentemente espletate per l’affidamento delle gestioni non ha consentito di attuare politiche di finanza di progetto che potessero consentirci di dare sistemazione ed avviare alla gestione anche i pontili ed i moli Sanità e Dogana sul fronte della via Roma. A ciò si associa la crisi del Terminal Container che ha investito Cagliari all’interno del riassetto dei ruoli dei porti Hub del Mediterraneo, e quella oramai quasi decennale dei semirimorchi che vede, sempre più, favorire il Porto di Olbia. Quali sono, dunque, le linee programmatiche? Stiamo affrontando tutte queste questioni a trecentosessanta gradi, non dimenticando soprattutto l’aspetto del distretto della logistica la cui risoluzione fornirà il supporto fondamentale per lo sviluppo stabile del Porto Industriale. Il distretto della nautica e quello della logistica avanzata potranno consentirci di uscire dalla crisi in atto e di guardare con più serenità e stabilità al futuro. Questa realizzazione del distretto della logistica, tuttavia, potrà essere compiuta solo attraverso il concorso e la collaborazione di tutti ed in primo luogo dei Governi Nazionale e Regionale, di quello Provinciale, dei Comuni e delle Associazioni di Categoria. Su questo tema stimolerò senza sosta e con tutte le mie forze la partecipazione allargata ad un progetto, attualmente in fase di definizione, che potrà dare le risposte occupative che tutti auspichiamo. Nel contempo, in sede nazionale, su due tavoli distinti di lavoro, da tempo sto seguendo le vicende relative all’inserimento del Porto di Cagliari nei corridoi tirrenico e mediterraneo. L’attenzione del Governo per quanto concerne container e RO-RO è stata opportunamente stimolata sulle nostre proposte; ad esse, posso dire, è stata data la giusta attenzione. Confido in un risultato positivo per il concreto inserimento del Porto di Cagliari nella strategia nazionale di primo livello funzionale.
Nei giorni scorsi sono apparse sui quotidiani locali notizie allarmanti sulla situazione attuale che vive il Porto Canale con un calo di oltre il 40% di affari e movimentazioni in un’ottica di mancata competitività nell’area mediterranea. Quale futuro si va effettivamente delineando per il Porto Canale cagliaritano? La sfida di un porto Hub container si gioca oggi sullo scenario internazionale, tanto più quanto esso si trovi posizionato all’interno del Mediterraneo. I grandi gestori del traffico transhipment stanno pianificando nel Mediterraneo la loro strategia dei prossimi vent’anni. Non ci sono soluzioni “politiche” in questo settore regolato totalmente dalla concorrenza e dalle capacità dei terminal di poter offrire servizi competitivi. In questo quadro mediterraneo non si può non fare i conti con i Paesi della costa sud nei quali il costo del lavoro è almeno del 30% inferiore alle nostre realtà europee. La pianificazione dei grandi gestori è orientata al momento verso soluzioni “alternative” più economiche. La nostra capacità dovrà essere quella di fare sistema fra porti Hub e di misurarci sulla capacità di offrire servizi complessivamente più economici sfruttando la posizione baricentrica rispetto ai mercati della distribuzione finale e lavorando sull’alta professionalità delle maestranze, la sicurezza e la velocità nel gestire le merci. La proposta presentata in sede governativa si fonda sommariamente su queste potenzialità del sistema Hub container di Cagliari, Gioia Tauro e Taranto. E’ assolutamente necessaria la tempestività d’azione e la condivisione da parte di tutti di una strategia quale quella da noi proposta. Siamo consapevoli che tutto è perfettibile, ma siamo pure certi che ogni settimana che passa segna la distanza con la concreta possibilità di attuare una nuova politica attiva ed “aggressiva” del sistema Italia nel Mediterraneo.
Nicola Silenti