Amarezza, disagio e un disincanto che si fa ogni giorno più incontenibile. Il presente degli allievi ufficiali diplomati ancora in attesa di un impiego è un enorme punto interrogativo senza ancora nessuno spiraglio di futuro all’orizzonte. Un presente che ogni giorno di più diventa la snervante attesa di un’opportunità per una generazione di studenti, che si sono conquistati sui banchi di scuola il diritto di reclamare per sé stessi un avvenire professionale, quello del mare, divenuto via via fin troppo simile a un muro di gomma. Un muro di ostacoli, barriere e intralci che invece di provvedere all’inclusione delle giovani leve sembra adoperarsi per respingerne gli sforzi o, peggio ancora, per ottenerne l’esclusione.
Un primo segnale apprezzabile, se non addirittura il gesto risolutore, sembrava essere stato messo a segno a febbraio di quest’anno con la stipula a Roma del protocollo d’intesa tra Confitarma, Fedarlinea e organizzazioni sindacali del comparto. Un’intesa che sembrava avere individuato le misure e gli accorgimenti necessari per agevolare e incentivare l’imbarco degli allievi ufficiali, sottufficiali e comuni per tutti i 12 mesi indispensabili al conseguimento delle certificazioni previste dalle normative internazionali e dovute come riconoscimento del periodo di formazione necessario per il passaggio di grado, superato il relativo esame.
Accolto con grande risalto dalla stampa e in vigore dallo scorso 30 luglio, il protocollo d’intesa potrebbe pertanto già essere applicabile su tutte le navi battenti bandiera italiana nonché sulle navi di bandiera estera e dovrebbe costituire un sostegno tangibile per gli allievi italiani in forza della normativa nazionale e dei relativi accordi sindacali di settore. Tuttavia, in concreto la misura non sembra aver portato a risultati apprezzabili,anzi sembra lecito poter affermare che il protocollo d’intesa è rimasto lettera morta. Eppure, presentato come una chiara e concreta manifestazione della volontà di favorire l’imbarco degli allievi italiani a bordo delle navi, l’accordo avrebbe dovuto facilitare la promozione dell’occupazione dei giovani nelle professioni del mare attraverso un inquadramento più moderno della figura dell’allievo con concrete prospettive di sviluppo di carriera.
In questa incresciosa vicenda degli allievi l’impressione che si ricava è che a poco o nulla valgano i provvedimenti più ispirati, le intese più convinte o le più immaginifiche dichiarazioni .
Eppure l’accordo tra Confitarma, Fedarlinea e sindacati era giunto in contemporanea con una serie ravvicinata di eventi di segno favorevole registrati in brevissimo tempo dal comparto marittimo: eventi che sembravano lasciar intravvedere una sorta di rilancio generale e un rinnovato clima complessivo di fiducia per una delle colonne portanti dell’economia nazionale qual è il settore del mare. E questo proprio in un momento nell’insieme drammatico per l’occupazione nel settore, alle prese negli ultimi anni con una crisi esplosiva dell’intero comparto amplificata dalla mancanza di controlli nella formazione degli equipaggi e da una legislazione insufficiente e per troppi versi inadeguata, che ha prodotto l’effetto scellerato di favorire l’impiego di personale extracomunitario più a buon mercato.
Il primo segnale di un’inversione di tendenza rispetto ai venti di crisi era sembrato giungere con il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro del settore marittimo, scaduto il 31 dicembre 2010 riguardante un totale di 62 mila lavoratori tra i marittimi imbarcati su navi italiane e 8 mila addetti impiegati a terra. Il secondo segnale positivo per il settore marittimo è sembrato provenire dai dati ufficiali divulgati il 22 ottobre nell’assemblea annuale della Confederazione italiana armatori, con la presentazione di due studi ufficiali con numeri a dir poco lusinghieri, che certificano l’Italia come il secondo paese dell’Unione europea nel trasporto merci e il primo nel Mediterraneo nei traffici a corto raggio, oltre che il primo mercato d’Europa, insieme alla Grecia, per passeggeri movimentati. Un settore, quello della navigazione a corto raggio, che occupa circa 20 mila addetti diretti con evidenti ricadute occupazionali positive sull’indotto e genera un giro d’affari di quasi 5 miliardi di euro. Numeri che testimoniano l’enorme rilevanza del comparto sull’economia e sulla società italiana, e che collocano l’Italia al primo posto tra i Paesi dell’Unione Europea per numero di passeggeri trasportati e al secondo posto per tonnellate di merci movimentate dai porti nazionali.
Da qui l’amarezza per le inesistenti ricadute in termini occupazionali per gli allievi diplomati degli istituti nautici, soprattutto alla luce delle cifre documentate dai due studi di Confitarma con i quali si segnala in modo inequivocabile che, nonostante la drammatica crisi economica degli ultimi anni e una disoccupazione nazionale che ha raggiunto la soglia limite del 13 per cento a inizio 2014, l’andamento generale dell’occupazione marittima si conferma del tutto in controtendenza, registrando un eloquentissimo più 4,7 per cento negli ultimi tre anni.
Al netto degli auspici, dei proclami e degli annunci ad effetto, la realtà di oggi vede in concreto circa 1500 giovani diplomati ancora in attesa di un imbarco.
«La causa dell’ostracismo verso gli allievi – ha commentato il comandante Tobia Costagliola — delle imprese del settore verso gli allievi è da ricercare soprattutto nella grave situazione del mercato dei noli . Per gli armatori l’imbarco degli allievi diventa una voce troppo dispendiosa e improduttiva, come se il problema degli allievi fosse derubricabile a una mera questione di razionalizzazione dei costi delle imprese, e non il punto cardine attorno a cui costruire il futuro di ogni azienda e il domani della nostra marineria».
Nicola Silenti