L’economia del mare è ormai una frontiera strategica da cui dipende l’equilibrio produttivo dell’Italia e dell’Europa. Se nel 2024 il Rapporto SRM metteva in luce il ruolo della portualità italiana come infrastruttura decisiva per competitività ed autonomia strategica europea, il Rapporto 2025 conferma che lo scenario globale sta attraversando una fase di cambiamento ancora più radicale: da un lato guerra, tensioni commerciali e nuove barriere tariffarie; dall’altro investimenti, transizione energetica e intermodalità come strumenti per garantire resilienza e crescita.
Il contesto è segnato da una trasformazione che nessuno, fino a pochi anni fa, avrebbe immaginato: dalla globalizzazione alla regionalizzazione dei traffici. Lo confermano i dati SRM 2025, che mostrano come l’applicazione dei dazi e dei provvedimenti protezionistici stia ridisegnando rotte e strategie aziendali
L’elemento di maggiore discontinuità nel 2025 è l’introduzione dei dazi da parte degli Stati Uniti, che ha accelerato la ridefinizione delle catene logistiche: il calo degli scambi tra USA e Cina ha interrotto un ciclo durato quasi vent’anni e spinto le imprese a ripensare i propri flussi commerciali. La Cina non è più il primo esportatore verso gli Stati Uniti; il Messico le ha sottratto il primato.
Questo mutamento genera un effetto domino: si accorciano le rotte, cresce il commercio regionale e l’Europa diventa una piattaforma logistica ibrida, costretta a diversificare. Il Mediterraneo, ancora una volta, emerge come il cuore pulsante di questo cambiamento. Nel 2025 i 25 principali porti del Mediterraneo hanno movimentato 62 milioni di TEU, con un incremento del 5,1 per cento . La crescita è significativa se si considera il contesto: conflitti globali, minacce alla navigazione nel Mar Rosso, instabilità del Canale di Suez.
I traffici si stanno riorganizzando, compensando le criticità con logiche di flessibilità. Molte compagnie hanno scelto rotazioni alternative passando dal Capo di Buona Speranza, dilatando tempi e costi ma assicurando continuità operativa.
Il Canale di Suez rimane un simbolo della fragilità del sistema marittimo: nei primi cinque mesi del 2025 il traffico è diminuito del 18 per cento rispetto all’anno precedente e addirittura del 70 rispetto al 2023.Eppure, segnali recenti indicano una lenta ripresa, con il ritorno progressivo di alcune compagnie sulle rotte tradizionali. Il mare continua a dimostrare che non esistono alternative al trasporto marittimo: si può cambiare percorso, mai fermarsi.
La centralità italiana nello scenario europeo è confermata da un dato: l’Italia è il primo Paese europeo nello Short Sea Shipping, il traffico marittimo a corto raggio, con 302 milioni di tonnellate movimentate
Un risultato che conferma quanto già indicato nel Rapporto 2024, in cui la portualità italiana veniva definita una infrastruttura produttiva strategica con un valore generato pari a 8,1 miliardi di euro, pari al 17,5 per cento dell’intera economia del mare nazionale. Alla forza dei traffici si aggiunge una seconda trasformazione: i porti diventano hub energetici. Nel 2025 aumentano gli investimenti in tecnologie per carburanti alternativi e produzione energetica, in particolare GNL, che è la scelta preferita dagli armatori (36,8%). La transizione energetica, già richiamata ampiamente su queste pagine nel Rapporto 2024, non è più uno scenario possibile: è in atto e investe infrastrutture e flotte. Il futuro della competitività portuale passa dalla capacità di collegare il mare alla ferrovia. Il Rapporto 2025 dedica inoltre un focus a Genova, Trieste e La Spezia, tre porti simbolo della trasformazione intermodale, ribadendo una verità che emergeva già nel Rapporto del 2024: senza collegamenti efficienti, un porto non è competitivo.
Nel DEF 2025 sono previsti 12,5 miliardi di euro di investimenti destinati alla logistica intermodale. La sostenibilità non è un freno: diventa un acceleratore di traffici e attrattività. Nonostante la tempesta geopolitica, i porti italiani hanno reagito con resilienza. Nel 2025 la movimentazione raggiunge 481 milioni di tonnellate e il traffico container cresce del 6,5 per cento (11,7 milioni di TEU), ponendo l’Italia tra le economie più aperte al mondo, con un indice export + import pari al 54,3% del PIL.Un sistema che funziona perché poggia sul mare: lo shipping muove l’import-export nazionale ed europeo, come già sottolineava SRM nel 2024 .
Le tensioni tra USA e Cina hanno acceso una nuova competizione sulle infrastrutture logistiche: alla Belt and Road Initiative cinese si affianca oggi il corridoio IMEC, la cosiddetta Via del Cotone, che dall’India raggiunge il Mediterraneo attraverso la Penisola Arabica. Secondo SRM, questo corridoio potrebbe intercettare fino a 200 miliardi di euro di traffici con l’Europa. Ancora una volta, tutto passa dal mare. Tutto passa dal Mediterraneo.
Nel Rapporto 2024, sempre su queste pagine, si affermava che per far crescere l’economia del mare serve una pubblica amministrazione più efficiente e una governance unitaria del settore, con un ruolo centrale del CIPOM. Questo appello resta integralmente valido nel 2025, inoltre il messaggio si rafforza: il Mediterraneo non è solo un luogo geografico, ma un laboratorio geopolitico.
L’Italia ha una posizione unica per trasformare crisi globali in opportunità: una piattaforma marittima naturale, un sistema portuale performante, una tradizione marittima che è cultura e identità. È il momento di guardare al mare non come confine, ma come destinazione.
