Manifesti, santini e volantini popolati di facce sorridenti, sguardi persuasivi ed espressioni ispirate. Proclami fragorosi, chiamate alle armi e slogan ad effetto, ma soprattutto una parola. Una parola in bella mostra ovunque e sulla bocca di molti candidati: il lavoro. La campagna per le ormai imminenti elezioni amministrative di Cagliari sembra tutta incentrata sul rilancio dell’occupazione. Un tema forte e quanto mai sentito da una terra afflitta dai mali atavici della disoccupazione, dell’emigrazione e dello spopolamento. I mali di una terra baciata da un destino quanto mai generoso e prodigo di meraviglie ambientali e paesaggistiche, eppure martoriata da uno Stato e una politica troppo spesso inefficace e assente.
Una situazione che tocca da vicino la realtà cagliaritana, ma contro cui in realtà un sindaco e un consiglio comunale non potranno molto, nemmeno se si tratta della città capoluogo o di una ancorché giovane città metropolitana. Di certo a nessuno verrebbe in mente di pretendere dalla prossima giunta comunale la soluzione a tutti i problemi e gli affanni di un territorio così vasto, complesso e composito: per intenderci, questo è ciò che si chiede a una giunta regionale, se non addirittura a un governo nazionale. Eppure i candidati sembrano puntare molto su questo tema. In ogni caso, un battage di questo tenore alimenta aspettative legittime e costringe i cittadini ancora in attesa di un’occupazione a porsi delle domande sul proprio futuro: domande come quelle che angosciano gli allievi dell’ultimo anno del locale ‘Istituto nautico’, gli specializzandi dell’istituto tecnico superiore Mososo i tecnici gestione porti turistici formati negli anni passati con tanto di qualifica regionale. Tutti interrogativi in attesa di una risposta.
A chi di loro si rivolge la politica cagliaritana quando richiama il lavoro che dovrebbe venire dal mare? Quanti di loro possono ancora sperare di trovare un impiego nel territorio, e quanti invece dovranno arrendersi all’evidenza e partire in cerca di fortuna altrove? Chi di loro può pensare realisticamente a un avvenire che non sia lontano dalle famiglie e dagli affetti più cari? E chi farà bene a smettere di sperare? La controprova è vicina, questione di settimane. E a urne chiuse sarà tanta la curiosità di vedere quali effetti concreti avranno le promesse e gli impegni di questi giorni. Quel che rimane, per adesso, è un misto di diffidenza e di sfiducia. Il naturale disincanto di chi pensa che si fa troppo in fretta a dire“lavoro”.
Nicola Silenti