Una politica scorretta di prezzi al ribasso, una falsa concorrenza fitta di intese sottobanco e un corposo campionario di balzelli UE da sommare a una già insostenibile tassazione interna. Le mine innescate sul cammino della rinascita dei porti italiani sono tante e crescono ogni giorno di più celando insidie e trappole tra le maglie della concorrenza di settore su scala globale.
Una concorrenza che da tempo vive di alleanze ben ponderate e ostilità ataviche giocate nel comparto strategico della logistica, oggi pericolosamente nelle mire dei grandi gruppi stranieri, in particolare quelli del Nord Europa, che da tempo conquistano impunemente fette di mercato a ogni costo e con ogni mezzo, anche facendo ricorso alle tanto vituperate pratiche anti concorrenziali. Pratiche infide sulla carta osteggiate con furore dall’Unione europea, ma che in realtà nessuno, almeno sinora, dalle parti di Bruxelles ha pensato bene di denunciare, ostacolare o punire.
La concorrenza sleale dei grandi operatori della logistica del Nord Europa è oramai un fatto assodato. Un’evidenza sin qui “autorizzata” dalla Commissione Europea nel sacro nome di una normale dialettica di concorrenza di mercato tra operatori dello stesso comparto, quelli del Nord del Vecchio continente, con veri e propri colossi del calibro di Rotterdam, Amburgo e Anversa, e quelli del Mediterraneo: una concorrenza che tuttavia somiglia tanto al gatto che gioca col topo, con gli scali del Northern Range protagonisti di un giro di affari di gran lunga superiore a quello registrato alle nostre latitudini.
Un divario siderale ben testimoniato dai numeri segnati nell’anno 2018, con i primi tre scali del Nord Europa capaci di movimentare 44,3 milioni di Teu di merci a fronte dei nemmeno 15 milioni di Teu dei primi tre del Sud. Una disparità che si spiega solo in parte con la maggiore vivacità commerciale dei grandi paesi del Nord, Germania su tutti, e che tanto si deve invece a pratiche scorrette verso la concorrenza mediterranea come il dumping, cioè il drastico e ingiustificato ribasso dei prezzi, e controlli doganali sulle merci a dir poco all’acqua di rose. Pratiche da tempo segnalate da operatori e associazioni di categoria italiani nel silenzio delle istituzioni europee e, spiace constatarlo, senza il necessario sostegno delle istituzioni italiane in una battaglia che, prima ancora che legale, deve essere politica.
Altra emergenza che tiene col fiato sospeso il mondo della logistica è poi la scadenza imminente di fine aprile della Block Exemption Regulation, ossia il regolamento europeo che consente alle compagnie di trasporto container di stringere intese commerciali fra loro riunendosi in consorzi, senza che sussistano obblighi di notifica all’Antitrust europea.
Un regolamento nato con il proposito buonissimo di disincentivare i viaggi di navi a mezzo carico e che invece sin qui ha consentito ai grandi armatori di fare cartello, cioè di concordare le politiche commerciali per tenere sotto scacco gli operatori mediterranei, più vulnerabili in termini finanziari.
Così in pochi anni, alla faccia della libera concorrenza, si sono imposti su una già sguarnita concorrenza dei veri e propri colossi del mare, per di più in un mercato, quello del trasporto su navi portacontainer, in cui ormai l’ottanta per cento dei traffici sono appannaggio di tre soli consorzi di armatori. Un regime effettivo di quasi monopolio in cui diventa un gioco da ragazzi imporre tariffe e decidere la vita o la morte di tanti operatori, colpevoli soltanto di giocare disarmati una partita tanto impegnativa contro vere e proprie corazzate.
Nicola Silenti
(ilsarrabus.news)