Continua a tenere banco anche nei drammatici giorni della pandemia del Coronavirus la vicenda degli sbarchi d’immigrati sulle coste italiane. Una vicenda tornata alla ribalta nazionale con i casi recenti della nave della Ong tedesca Sea Eye “Alan Kurdi” e della nave spagnola Aita Mari e il loro carico complessivo di circa duecento migranti trasbordato in acque italiane dopo il rifiuto, l’ennesimo, di Malta. Un trasbordo avvenuto a tempi record sulla nave Rubattino della compagnia Tirrenia dove trascorreranno il periodo di quarantena richiesto dalla normativa sanitaria Covid-19.
Anche stavolta le organizzazioni umanitarie hanno agito rispettando un canovaccio tristemente noto: un copione sempre uguale a sé stesso che vede l’intervento in acque libiche a poche miglia dalla costa delle navi delle Ong, pronte a traghettare il proprio carico umano, invece che verso il proprio paese di bandiera (in questo caso Germania e Spagna), verso i porti italiani. Ad aggravare una vicenda già spinosa di suo è la concomitanza con la pandemia che sta tenendo sotto scacco ormai da due mesi l’Italia, spingendo nell’occasione un ministro, peraltro non troppo “attivo” nella materia come Paola De Micheli, ad esprimere il proprio disappunto davanti al rifiuto opposto dalle Ong di seguire la procedura prevista dalla normativa internazionale per l’accoglienza nel proprio Paese di bandiera. Un rifiuto aggravato dalla situazione sanitaria italiana, con un esecutivo costretto dalla situazione Covid-19 a dichiarare i propri porti “non sicuri”.
Consumato con una nuova resa l’ennesimo rovescio delle autorità italiane sul tema immigrazione, all’ennesima capitolazione del governo stavolta deve aggiungersi il costo di una quarantena di almeno 14 giorni che verrà trascorsa nella rada del porto di Palermo a spese tutte italiane, alla faccia di una crisi economica in corso di proporzioni inimmaginabili sino a nemmeno due mesi fa e a dispetto delle veementi proteste di amministratori e cittadini siciliani, stanchi e preoccupati per il rischio di un nuovo focolaio di contagio.Proteste che hanno comunque consentito che il periodo di quarantena si svolga a bordo di un mezzo navale e non sulla terraferma, specie alla luce del caso di positività al Covid fatto registrare da un migrante egiziano il 10 aprile scorso nell’hotspot di Pozzallo, aggiungendo così un’ulteriore dose di paura alla già dilagante emergenza sanitaria in atto. Unica voce fuori dal coro il sindaco di Palermo Orlando, favorevole all’approdo con tanto di ringraziamenti ufficiali da parte della Ong tedesca Sea Eye. Un epilogo consumato, per il governo di Roma, in applicazione del recente decreto interministeriale del 16 aprile a firma del Capo dipartimento della Protezione civile Borrelli che certifica come, nel pieno dell’emergenza sanitaria Covid, i porti italiani non abbiano i requisiti di sicurezza richiesti dalla Convenzione di Amburgo.
Al netto delle polemiche politiche e delle considerazioni di principio a nessuno può sfuggire come, per l’ennesima volta, l’intervento di soccorso delle Ong sia avvenuto in area Sar maltese senza che il governo di Malta abbia voluto adempiere ai propri doveri e senza che i due paesi di bandiera delle navi soccorritrici, Germania e Spagna, abbiano concesso un POS (acronimo di Place of safety) ossia un approdo sicuro in grado di garantire i diritti fondamentali della persona, tanto più che dal 16 aprile scorso, come precisato poc’anzi, i porti italiani non dispongono più di questo status. Una doppia beffa per l’Italia, insomma, ancora una volta chiamata a farsi carico di un’emergenza che tuttavia stavolta si deve aggiungere a un’altra emergenza, quella Covid, che non può permettere distrazioni o l’apertura di altri fronti in quella che ormai agli occhi di tutti è una vera e propria guerra in atto.
Un’analisi condivisa in pieno dall’avvocato ed esperto di diritto della navigazione Alfonso Mignone che punta il dito contro «l’inaccettabile aggravio di costi di gestione per un Paese come l’Italia, piegato da un’emergenza sanitaria che è già sin d’ora un’incalcolabile emergenza economica». E tutto questo, concorda con chi scrive l’avvocato salernitano, in spregio del diritto internazionale e del buonsenso dal momento che «il POS andrebbe distribuito in modo equo tra tutti coloro che dispongono di aree SAR e non gravare soltanto sull’Italia», tanto più che «gli altri Stati con aree SAR che dispongono di una flotta mercantile non trascurabile non mettono mai a disposizione nessuna nave». Così i principi della Convenzione di Montego Bay e di quella di Amburgo, per non parlare del Regolamento di Dublino, continuano ad essere palesemente e impunemente ignorati «costringendo l’Italia a farsi carico da sola di un’emergenza umanitaria che dovrebbe accollarsi moralmente e giuridicamente l’intera Area MED e gli Stati di bandiera delle varie Ong».
Nicola Silenti
(ilsarrabus.news)