Recitato in una manciata di giorni velenosi e frenetici il de profundis del fu Governo Conte uno, tra le battaglie verbali e le polemiche post giuramento del nuovo governo giallorosso rischia di finire relegato in secondo piano il vero protagonista della vita pubblica italiana, il centro propulsore e il pensiero primario di 60 milioni di cittadini storditi e frastornati dall’ennesimo bailamme della politica: l’interesse del Paese. Un paese, l’Italia, da anni alle prese con una crisi economica senza precedenti e un corollario di urgenze da tempo immemore inascoltate e inesaudite, accatastate come i faldoni di certi uffici pubblici che si accumulano negli anni tra armadi, schedari e sottoscala nel presagio unanime di finire consumati per noncuranza, fastidio o financo per la troppa polvere.
Così, smaltito il passaggio di consegne tra vecchi e nuovi ministri, viceministri e sottosegretari, il paese reale riprende a reclamare e pretendere risposte e soluzioni a problemi che si trascinano tra vecchie e nuove maggioranze sempre uguali a sé stessi, o al contrario esasperati e acutizzati dall’ottusità, dall’ignoranza e dall’incompetenza di chi si trova suo malgrado catapultato dalle logiche di partito ad affrontare materie che non conosce e problematiche che non aveva mai affrontato prima.
Un’esperienza assai fin troppo nota a chi vive e pratica l’universo del mare, ne conosce le vertenze e ne studia le urgenze, sospeso oggi come ieri e ieri l’altro davanti all’imperscrutabile incapacità del sistema paese di assecondare la propria naturale vocazione marittima dando pieno compimento al proprio ruolo di avamposto strategico, centro nevralgico e traino dell’intera economia italiana.
Un universo, quello marittimo, che lamenta e chiede da decenni risposte concrete a una serie impressionante di freni, intoppi e astrusità mastodontiche che è tempo di sciogliere liberando finalmente alle rotte del commercio globale le energie represse e le potenzialità sopite di un settore individuato da tempo come uno dei più promettenti in termini di redditività, per voci importanti del sistema economico nazionale come portualità, il trasporto di merci e passeggeri, la cantieristica, la pesca, il diporto ed infine la battaglia per la tutela dei marittimi italiani ed in particolare degli allievi che trovano serie difficoltà a trovare imbarco come si segnala da tempo. Istanze sollevate con cognizione di causa dai professionisti del settore, dalle associazioni di categoria, da armatori e studiosi delle cose di mare, voci unitarie eppure inascoltate nella richiesta vana di un Ministero della Marina mercantile che pure sarebbe la legittima e doverosa premessa del nuovo corso di un comparto che non può e non vuole più accettare di accontentarsi.
Chi conosce la materia sa quanto il mare e l’universo delle attività che può generare sia non soltanto una risorsa essenziale, ma anche, o soprattutto, un’incredibile fonte di ricchezza. Una risorsa inestimabile da tutelare e preservare per la nostra sicurezza alimentare, per la sicurezza e la qualità “green” del trasporto di merci e persone, per le ricadute vantaggiose sulle attività d’impresa e quelle di servizi fondamentali che costituiscono il perno del cluster marittimo italiano. Un ventaglio di opportunità destinato ad arricchirsi delle ricadute, economiche e occupazionali, offerte da settori “emergenti” come quello dell’energia rinnovabile generata dal mare (moto ondoso, maree ed eolico offshore) e dello sfruttamento della biodiversità marina per finalità farmaceutiche e mediche. Voci, anche queste, destinate a una crescita esponenziale, sempre che qualcuno dalle parti di Roma abbia voglia di accorgersene.
Nicola Silenti
(ilsarrabus.news)