Mentre sui media imperversa la riflessione sui risvolti drammatici della crisi economica globale che ci aspetta al termine dell’emergenza Covid 19, in tanti tra i più autorevoli esperti e analisti del comparto marittimo internazionale si interrogano sulle criticità che attendono il settore e sulle possibili opportunità di rilancio del dopo crisi.
Tra le prime a offrire un interessante studio incentrato sulla drammatica attualità del comparto, l’autorevole società di analisi danese SeaIntelligence Consulting ha paventato l’approssimarsi di una crisi globale incentrata sulla catena di fornitura delle merci. Una crisi quantificabile in circa 100 milioni di Teu di merci in meno rispetto ai volumi dello scorso anno, un ammanco che peserà sulle linee di trasporto marittimo di container e sui terminal portuali nei prossimi mesi in attesa di un più che probabile, e qui sta il dato più interessante, nuovo “boom” dei volumi trasportati previsto per il prossimo anno. Tali previsioni sono una facile conseguenza logica delle dinamiche in corso nel comparto, alla luce soprattutto dell’attuale crollo degli scambi commerciali a seguito del crollo dell’offerta cinese dopo l’esplosione dell’emergenza Coronavirus. Un crollo seguito a stretto giro di posta dalla paralisi del comparto dello shipping statunitense ed europeo, quanto mai ansioso di riprendere al più presto le importazioni non appena sembrerà di intravedere una ripresa dei consumi.
Al netto delle analisi più attendibili e delle riflessioni dei commentatori più accreditati, troppi elementi fanno ritenere che quella in corso sia una debacle senza precedenti: per intenderci, ciò di cui si parla è il tonfo più grande mai registrato nella storia del commercio via mare. Un tracollo che sta facendo saltare per aria tutto l’universo delle attività legate al trasporto dei container e che coincide in pieno con le più fosche previsioni della SeaIntelligence Consulting richiamate in apertura, tanto più che si moltiplica di ora in ora il numero dei porti costretti a imporre limitazioni negli approdi o, più spesso, alla chiusura.Una piccola, timida boccata d’ossigeno per il comparto è arrivata con il calo del prezzo del petrolio, ma a lungo andare anche questa nota positiva rischia di annullarsi con il perdurare della pandemia.
Al momento nessuno è in grado di dire quando l’emergenza sanitaria mondiale sarà davvero sotto controllo. Di certo a dare una scossa al comparto non bastano i timidi segnali di ripresa che si registrano in Cina con la fine dell’emergenza a Wuhan, città epicentro della crisi sanitaria del gigante asiatico, anche perché i segnali del rilancio cinese stanno coincidendo con lo scoppio della pandemia nel resto del pianeta. Quanto al debole traffico merci che si registra in questi giorni, si tratta in realtà di ordini inviati alle fabbriche quando l’emergenza Covid – 19 non era ancora scoppiata: nel comparto mondiale dello shipping infatti gli effetti delle dinamiche del mercato si riscontrano in genere a distanza di alcune settimane dal verificarsi degli eventi, anche quelli più dirompenti.
E’ comunque un fatto che in queste ore il settore della movimentazione di container in Cina stia riguadagnando terreno. Tutti i dati indicano che il settore ha ricominciato a muoversi tornando a una capacità operativa pari a circa il 80 per cento dei livelli precedenti allo scoppio dell’epidemia Covid-19. Quanto all’Occidente, l’impressione degli analisti è che chi sarà più lesto nel mettersi in scia della ripresa cinese sarà anche quello che potrebbe avvantaggiarsi di più rispetto alla concorrenza.
Nicola Silenti
(ilsarrabus.news)