Prosegue la mobilitazione degli autotrasportatori sardi contro i rincari delle tariffe di carico merci sui traghetti per il continente. Nei giorni scorsi la protesta ha segnato un nuovo salto di qualità con l’animata assemblea di categoria andata in scena a Tramatza alla presenza dei rappresentanti regionali e del responsabile nazionale dell’Unione di trasporto CNA Mauro Concezzi.
Un’assemblea incentrata sull’incremento dei noli marittimi, sulla più che insoddisfacente continuità territoriale delle merci e sul pacchetto di interventi rivendicati per la sopravvivenza della categoria. Una discussione che ha permesso di rilanciare con forza il carattere punitivo dei rincari ai danni della categoria più esposta e vulnerabile dell’autotrasporto, quella delle piccole aziende (i cosiddetti “padroncini”), letteralmente messe in ginocchio da un aumento delle tariffe nei collegamenti marittimi generato a sua volta dal nuovo regolamento introdotto dall’Unione europea: un regolamento che impone l’utilizzo nei traghetti di carburanti con un contenuto di zolfo inferiore a quanto concesso in precedenza. Da qui la reazione a cascata degli armatori con i conseguenti sovraccosti ai danni di una categoria già duramente provata dagli effetti nefasti di una crisi economica spietata, da un sistema burocratico ottocentesco e un’insostenibile tassazione.
Gli autotrasportatori isolani chiedono con forza al governo misure che possano attenuare gli effetti dirompenti dei rincari generati dal nuovo regolamento europeo, ma anche interventi decisi per fare fronte a una concorrenza straniera supportata da condizioni di trasporto più vantaggiose di quelle nazionali e sarde in particolare: una concorrenza che perlomeno quest’anno non dovrà fare i conti, a differenza dei nostri padroncini, con nessun aumento tariffario.
Così, in attesa del prossimo incontro a Roma con il ministro dei Trasporti Paola Micheli, si calcola che una volta entrato a regime il nuovo sistema tariffario produrrà da subito un rialzo dei prezzi compreso tra il 25 e il 30 per cento a fronte di tariffe già aumentate nei due anni precedenti. A pesare la politica dei prezzi degli armatori, che in sostanza si traduce in una vera e propria rivalsa sui piccoli operatori dell’autotrasporto, con un aggravio annuo delle tariffe che può andare, a seconda del volume d’affari della singola azienda, da alcune decine di migliaia di euro ad alcune centinaia. Un’impennata dei costi facile da preventivare, se si pensa che il costo di imbarco di un singolo autocarro o semirimorchio per la tratta di andata e ritorno col continente è pari a una media di 250 euro più IVA, da moltiplicare per numero di mezzi e viaggi sostenuti in un anno da ogni azienda.
Un vero e proprio terremoto che mette a repentaglio la sopravvivenza di molte delle piccole aziende artigiane di autotrasporto. Migliaia di realtà produttive, di persone e di posti di lavoro che rischiano di affondare nel mare di un insensato ostracismo che condanna a morte chi ha la sola colpa di voler lavorare.
Nicola Silenti
(ilsarrabus.news)